giovedì 31 gennaio 2019

The only reason why

Hannah Baker è morta.
E' morta davvero! Brutta, pessima notizia per gli inguaribili ottimisti che, come me, hanno sperato fino all'ultimo che fosse tutta una messa in scena per nascondere una fuga alla Alexander Supertramp.
Per dirla con Clay:
«E' uscita da scuola, è andata a casa, ha messo le cose in ordine. Ha riportato la divisa al Cresmont, dove lavoravamo insieme; non ha detto niente. L'ha messa sul bancone e se ne è andata. Ha portato una scatola ad un amico ed un'altra all'ufficio postale. Poi è tornata a casa. Si è messa dei vecchi vestiti. E' andata in bagno, ha riempito la vasca ed ha aperto la scatola di lamette che aveva preso dal negozio dei suoi. E' entrata nella vasca da bagno senza neppure svestirsi. Si è tagliata le vene ed è morta dissanguata.»
Niente colonna sonora. Solo il respiro affannato, lo sgocciolare del rubinetto e l'attesa della fine nel tingersi di rosso dell'acqua.

Una scena truce come truce è il suicidio di una diciassettenne.
Contrariamente da quanto siamo portati a pensare dal titolo della serie, le tredici ragioni che danno senso alle tredici puntate, non hanno nulla a che vedere con il gesto.
Hannah è il protoripo dell' Übermensch, totalmente emancipata dall'immonda morale dello schiavo e consegnata, liberata, ad una società regolata dagli alti valori della competizione, della violenza e della lotta per la sopravvivenza.
Il puro Dioniso, fluttuante senza appigli tra mille Dionisi.
Quale altra scelta potrebbe avere senso, presa coscienza della propria inettitudine di schiavo, ultimo, malato, insensatamente inutile, se non il suicidio?

Il presente di Hannah è un presente estemporaneo, frenetico e ripiegato su se stesso. Non sentiamo mai parlare di nonni, zii o cugini, non ci sono ricordi d'infanzia, non ha rapporti veri con nessun amica della scuola che ha lasciato. Se guarda al futuro vede solo la farmacia dei sui genitori che, oltretutto, è la causa del trasferimento che l'ha portata nella nuova vita. Una farmacia schiacciata da una grossa catena di centri commerciali, gestita da chi vorrebbe un lavoro dignitoso per vivere sereno con la propria famiglia ma che nonostante il trasferimento non risolve i problemi che pensava di aver lasciato alle spalle. I genitori di Hannah sono senza dubbio brave persone ma sono soli, lavorano insieme nel negozio di famiglia e non hanno passioni. Non è un caso che nella seconda stagione scopriamo che il padre di Hannah, in un certo periodo della sua vita ha avuto un'amante per la quale, dopo la morte della figlia, lascia la moglie.
Hannah è un giunco al vento.
Va a scuola, si anestetizza dall'inquietudine oggi con un amico domani con un altro, lavora in un cinema, torna a casa e l'indomani ricomincia tutto daccapo.
I suoi amici sono quello che sono: giunchi al vento, abbandonati a se stessi, senza una guida, senza una passione, con l'unico compito di realizzare i desideri dei propri genitori, senza ropmpere troppo i coglioni, mentre combattono i propri demoni.

Ogni episodio, più che una delle ragioni per cui avrebbe senso suicidarsi, indaga la miseria in cui è infangato l'uomo del terzo millennio, quello che al riparo dalla peste nera, dalle guerre mondiali, dalle scorrerie di eserciti mercenari, dispone di una quantità di denaro e di tecnologia mai immaginata nei decenni passati e, al contempo, di un tasso di disperazione mai documentata nella storia dell'umanità.

La scenografia interna alla scuola presenta, dopo la morte di Hannah, sulle pareti manifesti "contro il suicidio" con tanto di numero verde da contattare in caso di intenzioni autolesioniste.
Prima ancora, dopo la morte di Jeff in un incidente d'auto seguito ad una festa alcolica, c'erano manifesti che invitano a non guidare dopo aver bevuto.
Prima ancora i manifesti erano a tinte arcobaleno a sostegno della comunità LGBT. Un po' a voler dire: sei depresso? sei a rischio alcolismo/tossicodipendenza? Ciò che fai della tua vita sessuale non ti fa vivere sereno? Ecco, organizzati e vedi di non creare problemi: hai sedici anni, non vorrai che mi preoccupi di te?
Esattamente come i produttori di tabacco che ti scrivono sul pacchetto di sigarette che il fumo uccide così, se ti viene il cancro non ti puoi lamentare. Intanto però, l'obolo lo accettano volentieri.
D'altronde, il preside non ne fa mistero. A lui quasi non dispiace che Hannah si sia ammazzata: basta che la scuola non perda finanziamenti.
A riprova dell'indegna ipocrisia di tale atteggiamento, si pensi alle campagne si sdoganamento dell'eutanasia: prima mi dici che il suicidio è del tutto legittimo e non deve essere ostacolato, poi se mi viene in mente di farla finita dovrei chiamare un numero verde per parlare con uno sconosciuto che si propone di risolvere i miei problemi. Se non si fosse circondati da soli inutili, quando non fastidiosi, sconosciuti probabilmente al suicidio non ci si penserebbe nemmeno.

Arrivato alla fine della seconda stagione ho avuto la forte impressione che Hannah non fosse la vera protagonista ma solo un pretesto per raccontarci qualcos'altro.

L'intera opera è l'epopea della perdita della speranza; di quella forza che ti dice che non è ancora finita, che puoi ancora farcela e dare un senso a tutto.
Ah, se solo ci raccontassimo ogni giorno del dottor Frankl!
L'ha capito Lady Gaga, che sebbene abbia cento milioni di ragioni per andarsene, si accontenta e ne chiede soltanto una, che sia buona, per restare.
E quale miglior ragione se non correre incontro ad un amico che è stato emarginato, bullizzato, umiliato, picchiato, illuso, abbandonato, ricoverato in un ospedale psichiatrico e, una volta tornato, nuovamente emarginato e financo sodomizzato, e a costo di prendersi un .223 in pieno petto, salvarlo dal compiere una strage suicida?
Quale miglior ragione se non poter dire "soffro con te, amico mio! Ma questo non è la fine di tutto! C'è un futuro migliore che ci aspetta!"
Per farlo però c'è bisogno di dare alla vita la possibilità di manifestarsi nella sua dimensione trascendentale e Clay ci riesce soltanto nel silenzio profondo del dolore profondo; nel silenzio profondo delle mille e mille parole vuote lasciate da Hannah; in quel silenzio profondo in cui capisci che la tua esistenza non può ridursi ad un susseguirsi casuale di insensate reazioni biochimiche figlie del caso.
C'è voluto un funerale religioso, cristiano, per dare un senso a tutto.
Una volta certificato il rovinoso fallimento del sistema familiare, del sistema scolastico ed educativo, del sistema sociale, del sistema economico, del sistema giudiziario, l'unica ancora di salvezza è un Tale tradito, torturato, condannato, inchiodato ad una croce ed ucciso, che nonostante tutto è ancora in grado di essere la buona ragione necessaria per restare, dare un senso a tutto e fare la cosa migliore (non saprei dire se l'autore sia religioso o meno ma il parallelo con Mc 13,24-26 è lampante).

Non l'ha capito Olivia, che nonostante l'aver riconosciuto di aver negato a sua figlia quella possibile ancora di salvezza, ricade nella trappola della fuga e della ricerca di pace in un altro posto con altre persone ma con la stessa Liv di sempre.
Quale sciagura, essere convinti di poter cambiare il mondo senza prima cambiare se stessi!

Quante Hannah Baker dovremo ancora piangere, prima di capire di aver sperperato tutti i nostri averi con le prostitute e di essere finiti a mangiare le ghiande destinate ai porci cui facciamo la guardia?

"13 reason why" è uno straziante grido di aiuto.
Un grido che spera di ricevere in risposta l'inizio di una rivoluzione cultuale che abbandoni definitivamente il materialismo nichilista che ci hanno lasciato in eredità, per abbracciare un rinato Uomo, infinitamente degno e meritevole di rispetto e lode esclusivamente in quanto tale.

Dovremmo iniziare questa rivoluzione oggi stesso, iniziando a convincerci che il fondamento di qualunque decisione deve essere il profondo rispetto per l'esistenza di ogni essere umano, anche e soprattutto per quelle esistenze imperfette "come è imperfetto il cielo pieno di nuvole, che permette alla pioggia, la compassione del cielo, di salvare il mondo dal morire soffocato dall'aridità[1]"