Li chiamiamo ipocriti, quei cristiani che, usciti dall’irrinunciabile messa dei giorni festivi, tradiscono la moglie, sparlano degli amici, mettono l’uno contro l’altro, picchiano i figli, truffano le assicurazioni… li disprezziamo talmente tanto che preferiamo chi si professa ateo ma mantiene uno stile di vita che potremmo considerare corretto.
Allo stesso modo, se pensiamo che un satanista sia un metallaro tossicodipendente che ammazza capre nel bosco, potremmo cadere nell’errore di confondere un folclorista con un fedele devoto.
Chi è allora un vero satanista? Anton LaVey, fondatore della Chiesa di Satana, ci dice che il satanismo è un culto dell’individuo, nel quale Satana ricopre un ruolo puramente allegorico. Non esiste Satana, così come non esiste Dio; il satanista si rifà alla dottrina cristiana per predicare la negazione degli insegnamenti che ebrei, cristiani e mussulmani attribuiscono al Dio che il satanista, invece, disconosce.
In effetti, non c’è niente di innovativo in questo. Chiunque sia andato a catechismo da bambino conosce la storia del giardino, dell’albero, dell’uomo e sua moglie, del serpente…
Ebbene, quella storia così raccontata per millenni, dagli ebrei prima e dai cristiani poi, ha lo scopo di mettere in guardia, di avvertire uomini e donne, che pretendere di comprendere tutto, di valutare la bontà o la cattiveria di qualcosa senza preconcetti assoluti, li porta alla dannazione.
Banale. Basterebbe fermarsi a pensarci giusto un po’. E invece questo che dovrebbe essere i capo saldo attorno al quale ogni pensiero si articola, è un’ombra nella bruma. E allora, se riconosciamo al papa la presa di coscienza di non essere più una civiltà cristiana, dovremmo interrogarci sul tipo di società che abbiamo costruito e nella quale viviamo.
Un indizio ce lo da la rivista Rolling Stones, che riconosce alla Chiesa di Satana il primato di baluardo di democrazia (sic!). Ma la più esaustiva professione di fede satanista, la più esaudiente formula, scolpita a caratteri cubitali nel profondo delle persone, quella fede tanto radicata he non c’è bisogno di ripetersela, l’ho letta in un post di Selvaggia Lucarelli. Si scagliava contro un intervento di Salvini, che se solo lo avesse ascoltato avrebbe saputo di pensarla allo stesso modo, giustificando i suoi aborti con un granitico “sono l’unico giudice di me stessa”.
Sono l’unico giudice di me stesso. Io so da solo riconoscere il bene ed il male. Nessuno può impedirmi di mangiare di quell’albero.
Ottime notizie dunque. Non serve bere il sangue di una vergine sacrificata su un altare pentacolare ai piedi di un gigantesco caprone per essere satanisti. Liberi tutti, dunque!
Non ci resta che di capire però, se siamo anche felici.