Per quanto trovi stucchevole la retorica, in cui a volte mi capita di cadere, del confronto tra generazioni, non si può negare che prima di 50/60 anni fa non esistevano raduni notturni di adolescenti sballati. Hanno iniziato gli hippie, con i Beatles di "Lucy in the sky with diamonds", con Jimy Hendrix, che la leggenda vuole abituato ad incastrare gli acidi sotto la fascia che portava sulla fronte per fare in modo che sciolti dal sudore entrassero direttamente in contatto con il sangue di piccole ferite appositamente procurate nella zona, con Jim Morrison che pisciava sul pubblico dal palco... negli anni in cui questi signori venivano alla luce milioni di ventenni venivano ammazzati sui campi di battaglia in tutta Europa. Quello si, che è stato un profondo strappo generazionale.
Poi però niente più guerre, niente più febbri spagnole, niente più guerre e niente più strappi generazionali. I padri nati in tempi duri hanno deciso di crescere i propri figli risparmiando loro le difficoltà sopportate nell'infanzia ed eccoci qua.
Sfera fa schifo.
Quattro quinti della produzione rap, trap, dubstep, rock, latino e pop fa schifo a livelli epocali. Lo schifo è davvero epico (sono si un imbecille ma sono anche superbo ed altezzoso) ma la cosa interessante è che risulta comunque orecchiabile e ti resta ben piantato in testa.
I produttori discografici hanno affiancato in tutto e per tutto i grandi pubblicitari e la musica che diffondono non ha altro scopo che catturare l'attenzione del pubblico a livello viscerale. Avete presente i toni binaurali, che sono in grado, se correttamente modulati, di stimolare le onde elettromagnetiche del cervello e catalizzare questa o quella reazione fisiologica? Ecco: niente di troppo diverso. Un tono binaurale è però qualcosa di non vendibile. Siamo schietti: un gattino artigliato alle gonadi potrebbe essere più divertente.
La musica commerciale ha sviluppato strategie che mirano allo stesso risultato e che, con le dovute proporzioni, fanno in modo che un prodotto piaccia o meno. Nell'epoca di youtube, molto più che nell'epoca MTv, non si parla solo di musica ma di audio/video. Occorre creare quindi un prodotto complesso che sia in grado di presentare vari elementi attentamente equilibrati in modo da catturare l'attenzione il più efficacemente possibile.
Una bella sfida nell'epoca dei disturbi dell'attenzione!!
Un esempio di strategia musicale utilizzata per vendere senza troppo sforzo è quello che viene definito millennial whoop. E poi i bassi. I bassi mi fanno impazzire! Sarà per il mio passato da bassista ma quando sento un drop ignorante mi innamoro all'istante.
Stesso discorso vale per il relativo supporto video. Fotografia e regia non hanno niente della personale sensibilità di chi sta dietro la macchina da presa ma è tutto ben studiato per stimolare questa o quella sensazione nell'osservatore. Nello specifico, metti tanti bei culi in una bella festa in cui i partecipanti sembrano divertirsi e porti a casa la pagnotta.
Beninteso, sono consapevole del fatto che non sto analizzando un fenomeno che funziona così solo adesso. Colpire l'attenzione del possibile consumatore è la ragion d'essere della pubblicità e va da se che il pubblicitario più efficace è quello che sa innovarsi più dei concorrenti. Ma più dell'innovatore, quello che fa i soldi grossi è lo spregiudicato. Allargare il proprio bacino di acquirenti (se vogliamo anche di elettori) è del tutto legittimo!
Ecco, magari quando allarghi il tuo bacino di acquirenti a dei bambini qualche remora dovresti averla.
Il problema, tuttavia, è di carattere esclusivamente culturale.
Con cultura non intendo discutere l'influenza di Kant nel pensiero di Kirkegaard, fumando un Romeo y Julieta, mentre si ossigena un Cardenal Mendoza nello snifter con una sonata di Mahler in sottofondo. Sarà che a Mahler preferisco Liszt, che al cubano preferisco il toscano e che al brandy preferisco il burbon, ma chi si da troppe arie di intellettualità non è diverso dal bullo che ti esclude dal suo gruppetto perché non hai le scarpe firmate.
La cultura che manca è la capacità di mettere in fila le proprie conoscenze, collegarle tra loro nei vari punti che le compongono e sviluppare un proprio pensiero con il quale filtrare l'osservazione che si fa del mondo.
Questo è ovviamente possibile solo con la guida di un maestro. E tanti più maestri si hanno, tanto più le conoscenze e le interconnessioni tra loro sono cospicue e tanti più strumenti si hanno per interpretare la realtà. Realtà, che fa bene ricordarlo, è una sola: la Terra è rotonda, attira a se corpi che le si avvicinano ad una certa distanza e viene da loro attratta!
E invece, nell'epoca della libera circolazione dei contenuti e delle idee, abbiamo rinnegato la figura del maestro: gli insegnanti sono inetti da insultare, i filosofi sono idioti che sparano paroloni incomprensibili, i preti tutti pedofili, i politici tutti corrotti, i medici lavorano per le case farmaceutiche... la colpa? Del maestro che dovrebbe insegnare ad imparare dai maestri: il padre.
Ma negli anni '50 i reduci dal fronte non avevano voglia di fare gli educatori (a ben vedere, direi: dovevano combattere la sindrome post traumatica da strress che non era ancora stata descritta e per questo venivano tacciati di essere semplicemente "scemi di guerra"), i loro figli hanno occupato le università negli anni '60 e '70, i figli di questi si sono massacrati nel nichilismo anarchico punk degli anni '80, poi la tecno e l'house dell'ecstasy nei '90 e gli ultimi venti anni lo conosciamo bene tutti.
Per questo abbiamo un esercito di bambini che a tredici anni si sono fatti da se, non vogliono più soffrire per amore, giurano che non berranno mai più, hanno sempre un preservativo nel portafogli, curano l'emicrania con il moment, sanno dimostrare con la ragione che Dio non esiste e all'una di notte sono a fare la fila per entrare in un locale a sentire un concerto.
Mi si consenta una piccola digressione all'insegna del "ai miei tempi". Mentre stendevo quest'ultimo paragrafo ho avuto un flash della mia infanzia, in cui ad ogni festa comandata in casa c'erano almeno venti persone di cui la metà erano bambini che correvano come unni tra le gambe degli adulti rincorrendosi rischiando di distruggere casa. A ripensarci oggi, era fantastica la scoppola tirata senza alcun motivo, di tanto in tanto, da adulto al bambino (maschio) che gli passasse vicino, un po' a voler dire "gioca e divertiti ma non ti dimenticare che sei un bambino e riga dritto!".
Per questo abbiamo un esercito di bambini che a tredici anni si sono fatti da se, non vogliono più soffrire per amore, giurano che non berranno mai più, hanno sempre un preservativo nel portafogli, curano l'emicrania con il moment, sanno dimostrare con la ragione che Dio non esiste e all'una di notte sono a fare la fila per entrare in un locale a sentire un concerto.
Mi si consenta una piccola digressione all'insegna del "ai miei tempi". Mentre stendevo quest'ultimo paragrafo ho avuto un flash della mia infanzia, in cui ad ogni festa comandata in casa c'erano almeno venti persone di cui la metà erano bambini che correvano come unni tra le gambe degli adulti rincorrendosi rischiando di distruggere casa. A ripensarci oggi, era fantastica la scoppola tirata senza alcun motivo, di tanto in tanto, da adulto al bambino (maschio) che gli passasse vicino, un po' a voler dire "gioca e divertiti ma non ti dimenticare che sei un bambino e riga dritto!".
Torno serio.
Mai come adesso la produzione artistica è stata autoreferenziale ed onanista.
Non è una questione di turpiloquio o di forme verbali: Achille Lauro che nella sua "Sembra di stare a Thoiry" usa una licenza poetica non più irriverente del futurismo di Marinetti e vorrei incontrare chi avesse il coraggio di fare le pulci a Guccini per la sua Avvelenata.
E' il nulla cosmico che elogia se stesso ad essere preoccupante. L'orizzonte della propria realizzazione si esaurisce nel consumo spasmodico di qualunque bene effimero ed alla riduzione dell'io e del prossimo al bene effimero da consumare.
Questo circolo vizioso che soffoca qualunque tentativo di elevazione dell'Essere, come scrivevo più su, non è tipico del genere trap, anche se questo si basa quasi esclusivamente sull' autocelebrazione e sull'ostentazione del consumo in se, ma è fondamentalmente trasversale. Un brano recente che ho particolarmente amato sin dai primi ascolti è Rockin' with the best dei P.O.D. Il ritornello recita "Who rocks the party, that rocks the body? I rock the party, that rocks the body You rock the party, that rocks the body (You're now rockin' with the best)" che tradotto senza troppe pretese esegetiche assomiglia a "Chi scuote la festa che ti scuote? Io scuoto la festa che ti scuote! Tu scuoti la festa che ti scuote! (E' il numero uno che ti scuote!)". Anche qui autoreferenzialità e poco altro (a me sembra di cogliere un tentativo di dissing nei confronti di Devil without a cause di Kid Rock, ma questa è un'altra storia).
Mi si dirà che anche Mina, con la sua Brava, ha voluto ostentare quanto sa fare. E' vero, ma vuoi mettere? Ad una con quella voce e con quella padronanza della tecnica direi che si può perdonare qualunque sterile velleità.
In conclusione, sono conscio del fatto che non avrebbero mai messo Verdi in cartellone se non avesse riempito i teatri (e quindi fatto guadagnare gli impresari) ma quello a cui assistiamo oggi è un'altra cosa. La musica popolare è il palloncino rosso di Pennywise, la caramella del pedofilo al parco: fa leva sugli istinti più bassi per indurre il pubblico a consumare il proprio tempo, la propria salute, il proprio equilibrio interiore e la propria vita tutta, in modo che questo sia remunerativo per chi muove i fili. E tutto il resto? Evaporato. E lascia l'uomo moderno alla mercee di chi lo considera un bancomat senza plafond.
E allora ascoltiamoci pure Sfera Ebbasta (a me piace di più G.bit) ma non dimentichiamoci che siamo naturalmente votati all'infinito e che valiamo molto di più dei 30 euro del biglietto, consumazione inclusa, di un concerto!
E' il nulla cosmico che elogia se stesso ad essere preoccupante. L'orizzonte della propria realizzazione si esaurisce nel consumo spasmodico di qualunque bene effimero ed alla riduzione dell'io e del prossimo al bene effimero da consumare.
Questo circolo vizioso che soffoca qualunque tentativo di elevazione dell'Essere, come scrivevo più su, non è tipico del genere trap, anche se questo si basa quasi esclusivamente sull' autocelebrazione e sull'ostentazione del consumo in se, ma è fondamentalmente trasversale. Un brano recente che ho particolarmente amato sin dai primi ascolti è Rockin' with the best dei P.O.D. Il ritornello recita "Who rocks the party, that rocks the body? I rock the party, that rocks the body You rock the party, that rocks the body (You're now rockin' with the best)" che tradotto senza troppe pretese esegetiche assomiglia a "Chi scuote la festa che ti scuote? Io scuoto la festa che ti scuote! Tu scuoti la festa che ti scuote! (E' il numero uno che ti scuote!)". Anche qui autoreferenzialità e poco altro (a me sembra di cogliere un tentativo di dissing nei confronti di Devil without a cause di Kid Rock, ma questa è un'altra storia).
Mi si dirà che anche Mina, con la sua Brava, ha voluto ostentare quanto sa fare. E' vero, ma vuoi mettere? Ad una con quella voce e con quella padronanza della tecnica direi che si può perdonare qualunque sterile velleità.
In conclusione, sono conscio del fatto che non avrebbero mai messo Verdi in cartellone se non avesse riempito i teatri (e quindi fatto guadagnare gli impresari) ma quello a cui assistiamo oggi è un'altra cosa. La musica popolare è il palloncino rosso di Pennywise, la caramella del pedofilo al parco: fa leva sugli istinti più bassi per indurre il pubblico a consumare il proprio tempo, la propria salute, il proprio equilibrio interiore e la propria vita tutta, in modo che questo sia remunerativo per chi muove i fili. E tutto il resto? Evaporato. E lascia l'uomo moderno alla mercee di chi lo considera un bancomat senza plafond.
E allora ascoltiamoci pure Sfera Ebbasta (a me piace di più G.bit) ma non dimentichiamoci che siamo naturalmente votati all'infinito e che valiamo molto di più dei 30 euro del biglietto, consumazione inclusa, di un concerto!