domenica 21 gennaio 2018

Se la Bibbia non parla di Dio

La prima volta che ascoltai una conferenza di Mauro Biglino (non me ne voglia, nella remota eventualità nella quale dovesse trovarsi a leggere questa mia riflessione, se non uso il titolo dott., che trovo riduttivo, ne prof., che al contrario temo poter essere indebito) erano i tempi de “Il Dio alieno della Bibbia” del 2011.
Un monologo di due ore minuziosamente dettagliato nel quale dopo aver guadagnato la credibilità dell'audience snocciolando un curriculum di tutto rispetto, proseguiva ad esporre quella che doveva essere una tesi tanto rivoluzionaria quanto sconvolgente.
Lascio al lettore il gusto della ricerca e dell'ascolto di qualche suo contributo. Solo ad usare il nome come chiave di ricerca su YouTube ci si trova davanti ad una mole di video che rischia di far perdere la concezione del tempo.

Per riassumere brevemente la tesi in questione, la Bibbia non avrebbe niente a che fare con il Dio cui si votano ebrei e cristiani.
Partendo da una ricostruzione della storia che ha portato alla versione attuale del testo sacro e considerandolo alla stregua di un almanacco, ci troviamo davanti ad un sadico ma inefficiente condottiero militare non umano (Jhwh) cui sarebbe stata affidata la guida di un popolo umano (gli israeliti). Chi, nel lontano '94, avesse visto Stargate non avrebbe difficoltà a comprendere ciò di cui stiamo parlando.
Jhwh altri non sarebbe che un mortale estremamente longevo (pare che la sua specie vivesse tra i 30000 e i 40000 anni) venuto da una precisa regione dello Spazio (da alcuni versetti del Libro dei Salmi sembrerebbe risiedere nella costellazione di Orione) per ordine di una specie a lui superiore che tramite un'operazione di ingegneria genetica avrebbe creato gli Adamiti, i quali, custoditi in Eden (un giardino recintato e protetto), avrebbero ad un certo punto scoperto di potersi riprodurre senza l'ausilio dei “creatori” e per questo furono sterminati attraverso un'inondazione controllata (il celeberrimo diluvio altro non sarebbe stato che lo svuotamento di una diga costruita a monte di Eden).

Non posso negare che le conferenze di Biglino abbiano esercitato ed esercitino tutt'ora un forte fascino ed ammetto che non è raro che vada ad ascoltarmi anche solo degli estratti.

C'è, però, un'importante precisazione che Biglino ripete più volte in ogni intervento: lui non ha certezze e “fa finta” che quello che si legge nella Bibbia voglia dire esattamente quello che c'è scritto.
Questa precisazione è fondamentale perché crea i presupposti per considerare l'Antico Testamento, come ho per l'appunto precisato ad inizio post, una sorta di almanacco del popolo ebraico discendente dei più antichi Adamiti.

Un approccio del genere si pone in posizione diametralmente opposta a quella assunta dai teologi che ritengono invece la Bibbia un libro sapienziale e quindi da sottoporre ad esegesi ed interpretazione.
Mi è capitato uno scambio di parole con un biblista amatoriale il quale mi disse di considerare la Bibbia, oltre che un'opera, un genere letterario a sé.
Ecco che allora le strade sulle quali intraprendere il viaggio biblico si dividono dal principio.

Come era prevedibile le critiche non sono tardate e, per gli stessi motivi, non sono mancate neppure strenue difese. Il principio è chiaro. Se screditi la Bibbia in quanto libro sacro, crei i presupposti per la delegittimazione delle grandi religioni monoteiste e, soprattutto, delle strutture ecclesiali.

Togli Dio dalla Bibbia e togli ad ebrei e cristiani il diritto di esistere (niente più preti e puoi fare quel che vuoi. Ti pare niente?).
Personalmente non credo che questo fosse lo scopo che Biglino si è prefisso quando ha iniziato a divulgare i suoi studi. Anzi devo ammettere di essere fortemente convinto della sana voglia di diffondere una scoperta personale in grado, in un certo senso, di cambiarti la vita. Anche io se dall'oggi al domani dovessi trovarmi davanti alle prove che ribaltano concetti dati per assodati cercherei in tutti i modi di farlo sapere al mondo.

C'è però una questione della quale non riesco ancora a venire a capo.
Voglio provare a ricostruire questa mia perplessità, magari ho la fortuna di incontrare qualcuno disposto a discuterne e magari, fortuna chiama fortuna, ci aiutiamo a ragionare sulla questione.

Facciamo finta che l'approccio di Biglino sia quello corretto e che dunque, la Bibbia vada letta come un almanacco (in realtà un'interpretazione resta imprescindibile altrimenti anche come mera ricostruzione dei fatti non risulterebbe esplicativa di tutte le questioni poste).
C'è questa specie aliena che crea l'umanità, la distribuisce sul pianeta che ha colonizzato e la affida a dei condottieri che la utilizzeranno per i loro giochi di potere (pare che Alessandro Magno fosse un Elohim esattamente come Jhwh ma decisamente più valoroso ed efficiente). Da qui ogni racconto biblico è riconducibile a guerre e rapporti di potere tra Elohim e gli eserciti a loro assegnati.
Ne consegue che tutta la teologia e la saggezza giudaico-cristiana si sia fondata sulla manipolazione e sullo stravolgimento degli eventi e che il solo scopo di queste fosse quello di garantirsi una certa influenza sui popoli. Anche il Nuovo Testamento sarebbe in realtà una rielaborazione di fatti ben poco fraterni e pacifici.

Ciò che mi domando è se questo basti per vanificare l'immenso patrimonio umanistico e filosofico che ne consegue. Grattando un po' la suerficie di uno degli episodi presi in esame da Biglino mi chiedo: se anche “non uccidere!” fosse un comandamento, dettato da un essere finito al suo uomo sul campo, rivolto al solo popolo a lui assegnato in un momento di forti tumulti sociali e se anche la teologia cristiana avesse espanso l'area di interesse a tutta l'umanità sulla base di non si capisce bene quale dettame divino (?), non resta questo un insegnamento nuovo ed assolutamente condivisibile? E in più, non resta valido oggi come allora essendo l'uomo del suo intimo rimasto lo stesso nonstante i circa 5000 anni che ci separano dagli eventi narrati?

Al netto dei comportamenti deprecabili perpetrati dagli uomini, credo che il sentiero, tracciato dagli insegnamenti che derivano dai testi in questione e dalla filosofia e dalle religioni che ne conseguono, sia in tutto e per tutto una luce divina che permette all'uomo di vivere in armonia con se stesso e con i propri simili e di affrontare le questioni esistenziali che si porta dietro da quando ha smesso di essere una delle tante specie primate ed ha scoperto di essere stato creato ad immagine e somiglianza di Dio (chi non cede nel trascendente può sostituire con “ha sviluppato capacità, infinitamente superiori a qualunque altro essere vivente, indipendentemente dalla propria volontà”).

Mi chiedo se, a questo punto, l'approccio corretto non sia quello suggerito dal prof. Zichicchi il quale considera il mondo come la coesistenza di una sfera immanente e di una sfera trascendente da analizzarle separatamente senza cadere nella tentazione di utilizzare una per spiegare l'altra.

E allora leggiamo la Bibbia chiedendo alla storia ed all'archeologia di verificarne l'attendibilità dei racconti, ma non dimentichiamoci di cercare l'insegnamento che gli autori, ispirati da una forza più intensa di quella che muove la nostra intelligenza, hanno voluto tramandarci.

Scoprire che la città di Sodoma sia stata effettivamente distrutta dall'alto con una pioggia di fuoco talmente potente da rendere infertile il terreno circostante per secoli è estremamente eccitante, ma non è altrettanto eccitante sentirsi dire che la salvezza dell'anima viene proposta fino alla fine e che solo chi la rifiuta con tutte le forze se la vede negata.?

sabato 6 gennaio 2018

L'epopea di un tweet provocatorio: tra indignazione ed accondiscendenza

Il malato è la sua malattia?
Se un medico rispondesse affermativamente a questo quesito la sua vita professionale sarebbe decisamente semplice. Se arriva Tizio con una certa malattia basta sopprimerlo e la malattia sparisce. Pratico ed efficace.
Pragmatico, direi.

Ma se il malato non è la sua malattia le cose si complicano. Tanto peggio se il malato non è soltanto uno scimmione, per lo più spelacchiato, capace di far coincidere i polpastrelli del pollice con quelli di tutte le altre dita della mano.
Mario è un Uomo ed ha il cancro.
Maria è una Donna ed ha la meningite.
Luca è un Bambino e presenta un'aberrazione cromosomica che prende il nome di trisomia 21: Luca è un bambino down.
Se la medicina ha un senso, è quello di capire che cos'è il cancro, la meningite, la trisomia 21, da cosa sono provocati, cosa comportano in un organismo e come evitare che facciano danni. Se non si è potuto evitare di finire in quel casino bisogna cercare di sconfiggere la malattia al solo scopo di curare e, se possibile, guarire il malato.

A leggere un articolo dell' Huffington post, pare che in Islanda l'approccio allo studio della trisomia 21 abbia portato ricercatori e medici a gettare la spugna ed a investire sullo sviluppo di test prenatali in grado di stabilire quale percentuale di possibilità abbia un feto di portare l'aberrazione in questione.

A quanto pare, la prevenzione paga e in Islanda non nascono (qusi) più bambini down.
E' qui che mi riallaccio alla domanda di inizio post: gli islandesi hanno curato e guarito le persone affette dalla sindrome o hanno eliminato quelle persone. Se andiamo oltre il titolo ad effetto e leggiamo l'articolo scopriamo che la quasi totalità delle donne che si sottopongono al test, decidono di abortire incaso di esito positivo: hanno eliminato quelle persone.