sabato 14 maggio 2016

Ho giurato sulla Costituzione, non sul Vangelo

So bene che l'argomento è trito e ritrito, che ormai di cose da aggiungere alla discussione ce ne sono ben poche e che, indipendentemente dalle posizioni personali di chi ha preso parte alla discussione riguardo le unioni civili negli ultimi due anni, è successo qualcosa di importante ed irreversibile.
In realtà, l'attitudine del Governo al ricorrere al voto di fiducia desta preoccupazione negli oppositori, ma anche tanta (troppa?) comprensione nei sostenitori, da qualche mese; questa volta però c'erano delle piazze che chiedevano venissero ascoltate le proprie istanze. Quando si parlava di legge elettorale nessuno ha organizzato manifestazioni nei principali comuni d' Italia o riempito il Circo Massimo e la questione della fiducia è passata nell'ombra, quasi si fosse trattato di un'ordinaria giornata parlamentare.



Quello su cui non riesco a smettere di interrogarmi è il significato che si attribuisce al definirsi cattolici. Perché questo bisogno spasmodico di definirsi tali ad ogni occasione? Renzi, Boschi, Campana, Vendola, Lupi, Alfano (la lista sarebbe ancora lunga anche se non vogliamo considerare l'uomo della strada e, magari, della sacrestia) hanno più volte ed in più occasioni ribadito il loro essere cattolici quasi fosse un mantra.
Capisco bene il bisogno profondo di collocare da qualche parte il proprio senso di appartenenza, ma non possiamo prenderlo e lanciarlo a casaccio nella massa più densa.

Voglio seppellire la malignità e, nel caso dei politici, cerco di fuggire la tentazione di considerarli arraffatori di voti, a caccia di un pizzicotto sulla guancia regalato dalla pia vecchietta inginocchiata in un confessionale per i più puri dei peccati.
E allora perché dirsi cattolici mentre si fa propaganda senza riserve alla legge Cirinnà, strizzando l'occhio ai vari Lo Giudice? Perché si continua a dirsi cattolici dalla lussuosa stanza di un albergo canadese aspettando che una quasi perfetta sconosciuta partorisca ed abbandoni suo figlio su richiesta?  Perché dirsi cattolici mentre si condivide il tavolo delle decisioni più importanti con chi non vede l'ora di legiferare in merito all'eutanasia?

Io credo che essere cattolici significhi aver chiare le  idee, di se stessi e della Chiesa Cattolica. E accorgersi che queste sono sovrapponibili.
Nessuno può costringerci ad essere ciò che non siamo e allo stesso modo non dovremmo avere la facoltà di considerarci diversi da ciò che siamo.
Ma se ci professiamo cattolici dobbiamo essere consapevoli di che cosa questo comporti e delle responsabilità che pone sulle nostre spalle.

Se ce lo fossimo dimenticati, l'allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Josef Ratzinger scriveva:
Se tutti i fedeli sono tenuti ad opporsi al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, i politici cattolici lo sono in particolare, nella linea della responsabilità che è loro propria. In presenza di progetti di legge favorevoli alle unioni omosessuali, sono da tener presenti le seguenti indicazioni etiche. Nel caso in cui si proponga per la prima volta all'Assemblea legislativa un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge. Concedere il suffragio del proprio voto ad un testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto gravemente immorale. Nel caso in cui il parlamentare cattolico si trovi in presenza di una legge favorevole alle unioni omosessuali già in vigore, egli deve opporsi nei modi a lui possibili e rendere nota la sua opposizione: si tratta di un doveroso atto di testimonianza della verità. Se non fosse possibile abrogare completamente una legge di questo genere, egli, richiamandosi alle indicazioni espresse nell'Enciclica Evangelium vitae, « potrebbe lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni di una tale legge e a diminuirne gli effetti negativi sul piano della cultura e della moralità pubblica », a condizione che sia « chiara e a tutti nota » la sua « personale assoluta opposizione » a leggi siffatte e che sia evitato il pericolo di scandalo.(18) Ciò non significa che in questa materia una legge più restrittiva possa essere considerata come una legge giusta o almeno accettabile; bensì si tratta piuttosto del tentativo legittimo e doveroso di procedere all'abrogazione almeno parziale di una legge ingiusta quando l'abrogazione totale non è possibile per il momento.[1]
Per questo apprezzerei il più difficile dei coming-out, che diversamente da come siamo abituati a pensare, non ha nulla a che vedere con l'omosessualità.

"Io non sono cattolico. Promuovo e voterò una legge sulle unioni civili perché la mia visione del mondo è opposta da quella della Chiesa Cattolica. I cattolici votino qualcun'altro perché ritengo le loro istanze inconsistenti."

Sarebbe si, questo, un gesto coraggioso.

Si badi bene. La questione unioni civili ha posto, più che ogni altra questione, in contrapposizione presunti cattolici e presunti laici, ma non è certo il solo argomento che ci spinge ad ondeggiare una lunga asta dalla quale svettano le bandiere della pace e di Che Guevara: basti pensare alla vendita dei cacciabombardieri all'Arabia Saudita, alle attuali discussioni riguardanti il TTIP, la condizione dei lavoratori, inquinamento, aborto, eutanasia, leggi di mercato e chi più ne ha più ne metta.

Ma sulle altre, rifletterò un'altro giorno.

Nessun commento:

Posta un commento