sabato 16 maggio 2020

Salvate Silvia Romano

Andava tutelata, si.

Andava tutelata da chi avrebbe potuto rapirla e venderla a chi avrebbe potuto usarla per chiedere un riscatto.​

Ma di più, andava tutelata dall'opinione pubblica.​
Alle anime belle ancora convinte che l'informazione sia l'opera zelante e certosina di indefessi ricercatori di verità da raccontare, farebbe bene un po' del cinismo di cui spesso vengo accusato. ​
Silvia Romano è stata data in pasto alla stampa; bestia famelica, sapientemente incattivita, pronta ad azzannare alla gola chiunque si avvicini alla ciotolina di cibo avariato concessole.​
La stampa, la televisione, internet.
Pronte a spacciare la pornografia di un abbraccio che chiude il cerchio del dolore ignaro mentre da vita all'epopea delle ferite da curare.
Silvia Romano è stata attesa all'aeroporto da una troup televisiva coordinata a regola d'arte. Solo sullo sfondo la famiglia.
Sadici Christof in attesa del Truman Burbank di turno.

Campo lungo sul jet appena atterrato.
Il portello spalancato, un uomo delle forze speciali che le apre la strada.
Carrello su Silvia.
Taglio su Silvia romano che a pochi metri dalla madre tradisce l'impazienza di abbracciarla e toglie la mascherina; poi il lungo abbraccio.
L'intimità del ritorno alla famiglia, stuprata da un codazzo di mercenari in saldo col cellulare in mano, sotto il subdolo sopracciglio alzato, nella baldanzosa attesa di gratitudine, dell'immensamente inetto ministro degli esteri.
L'indigesto saluto alle autorità.
Le imbarazzanti foto di rito.

Il tutto rimbalzato in tempo reale su tutte le tv e piattaforme internat. Tutto, gratuitamente, davanti agli occhi di tutti.

Le reazioni scomposte del pubblico non solo erano prevedibili. Erano previste ed attese. Dal più smielato al più atroce dei commenti vomitati da Simplicio, da quel momento in poi, erano tutti attesi e funzionali alla causa.
Era tutto stato previsto.
Era previsto l'utente facebook che ha bisogno di Tosa per sentirsi più buono della De Mari; ed era previsto l'utente che ha bisogno della De Mari per sentirsi più libero di Tosa.
Era tutto previsto e, come un ingranaggio perfettamente oleato, ognuno ha recitato la sua parte senza sbavature. Ognuno ha picchiettato sulla sua tastiera il proprio copione senza mettere mai in pericolo la narrazione ufficiale.
Su Facebook; su Twitter; su Whatsapp.

E così, mentre Sgarbi vorrebbe processare Silvia Romano per concorso in terrorismo, don Ciotti ci ricorda che non tutti i mussulmani sono terroristi.
Mentre c'è chi ringrazia Silvia Romano per aver regalato un sorriso ad una decina di bambini kenioti, c'è chi la immagina a sollazzarsi tra superdotati afrcani.

Elena Stancanelli, dall'alto del suo premio strega, si chiede, dopo aver ridicolizzato la disperazione di chi non ha lavoro ne soldi ne futuro, se l'uragano di opinioni ributtanti non sia figlio di una società fallocratica e maschilista pronta trangugiare il corpo delle donne. Perché questo fa il nostro occidente: sfrutta il corpo delle donne; solo quello delle donne.
Se fosse stato un uomo, si chiede.
Se fosse stato un uomo, ad essere gettato in pasto all'opinione pubblica, a Silvio Ahmed Romano non avremmo nemmeno concesso il beneficio del dubbio. Non ce lo saremmo immaginato stuprato perché intimamente orientati al pruriginoso predominio del maschio sulla femmina. Lo avremmo immaginato stupratore senza diritto di appello. Lo avremmo immaginato con una tuta nera, col volto coperto a decapitare qualche infedele nel deserto, in un qualche ancestrale rito di iniziazione.
A Silvio Ahmed Romano avremmo concesso l'immensa compassione riservata a Quattrocchi.
Alla paladina della manipolazione, che smorza abilmente qualunque tentativo di analisi non ortodossa facendo leva su un certo diffuso senso di colpa per azioni mai compiute, dico che non è diversa da quel bruto digitale che chiama con disprezzo "leone da tastiera". Ha solo una sintassi un po' più gradevole.

Domenico Quirico ce l'ha raccontato come funziona la prigionia quando a comprarti sono bande jihadiste.
Toni Capuozzo lo stesso.
Ma a noi, che siamo una società fallocratica, misogina, dove la cultura dello stupro la fa da padrone, continuiamo a difendere l'uniforme jihadista di una disperata che avrebbero dovuto riconsegnare alla famiglia in silenzio, come in silenzio hanno riconsegnato la stragrande maggioranza degli ostaggi liberati.
E difendiamo l'uniforme jihadista come segno di emancipazione femminile, per giunta!
Avrebbero dovuto passare la notizia sotto traccia. Ma è evidente che a chi dirige l'informazione serviva una cortina fumogena ed eccola servita.
Silvia Aisha Romano.
Data in pasto ad un turbinio di banalità disarmanti spacciate per pensieri illuminati di intellettuali di spicco.
Data in pasto alla brutalità e alla melensaggine del semi analfabeta che rimpolpa inconsciamente l'arsenale del potere con i suoi flati avvinazzati.

Se volete dimostrare di voler bene a Silvia Romano, smettetela di parlare di lei.
Pregate per lei se siete religiosi. Pregate perché non debba mai pagare il prezzo di aver abbracciato l'islam di al-Shabaab.
Pregate perché non torni mai più in Africa in quella veste.
Pregate perché d'ora in avanti possa costruirsi una vita per quanto possibile serena ed equilibrata.
Pregate con tutte le forze, che la sua conversione sia davvero una conversione spontanea ad un dio d'amore e giustizia; perché se così non fosse sarebbe la conversione al dio del bataclan.

Pregate in silenzio però, per l'amor di Dio!
Smettetela di sbeffeggiare il pensiero che non condividete: anche li c'è del vero!
Maledite con tutte le forze chi con questa storia ha saziato la bulimia porno-emotiva di un popolo dal senso critico assopito.
Malediteli e ribellatevi.
Alla nostra generazione, per ribellarsi non servono moschetti e barricate.
Ci basta non lasciarci abbindolare dalla prima Silvia Aisha Romano che passa, nonostante la pletora di puttane intellettuali che ce ne fanno la cronaca.

Nessun commento:

Posta un commento