Ricordo che quando Epstein venne assassinato, insieme ad un riso cinicamente amaro, provai un profondo senso di ingiustizia.
Non riuscî a togliermi dalla testa l'immagine, che mi sembrava di aver visto, della sua esecuzione.
Vedevo quest'uomo, che poteva anagraficamente essere mio padre, tanto cristallizzato nell'odio da essere incapace di provare rimorso per il male immenso che aveva inflitto.
Lo vedevo riconoscere, attraverso le grate della cella nella quale era rinchiuso, il sicario inviato ad assassinarlo; un uomo come lui, con il quale aveva sicuramente lavorato.
Lo vedevo osservare le guardie cui era affidato voltarsi, forse, con un qualche scrupolo soffocato da una strana forma di timorosa obbedienza.
Lo vedevo, rassegnato all'ineluttabilità, voltare le spalle al collega che, questa volta, doveva occuparsi di lui.
Lo sguardo perso, mentre una corda gli veniva stretta attorno al collo, nel grigio dei muri di una cella, ad aspettare la fine tra gli spasmi dell'asfissia.
Cinematograficamente, sarebbe stato d'effetto un commento del tipo "niente di personale", o, il sempre gettonato tra le spie, "sai troppe cose", pronunciato dal sicario nel legare la corda, a cui sarebbe seguito uno sconsolato sospiro del condannato.
Mi immaginai il Jeffrey Epstein bambino, succhiare il latte da sua made, cadere nel tentativo di imparare a camminare, a correre incontro a suo padre nel vialetto di casa.
Poi il Jeffrey Epstein rapitore di bambine, sfruttatore dello stupro di bambine, ricattatore di stupratori di bambine; il Jeffrey Epstein speculatore finanziario.
Esiste davvero un male tanto atroce che se commesso giustifica il venire uccisi nella più totale freddezza con negli occhi in uno spigolo polveroso?
Poi, mesi dopo, tra le pagine di un romanzo fantasy incontro un personaggio rinchiuso in un luogo di terrore e dolore atroci, un posto in cui i prigionieri sono privati della propria umanità e costretti al lavoro più sfiancante in cambio dell'incerta sopravvivenza.
Quel personaggio, nel pianificare una rivolta, impone ai suoi uomini di graziare i carcerieri che, sopravvissuti alla rappresaglia, non sarebbero più stati per loro un pericolo, perché "ognuno dei carcerieri è stato nel ventre di una madre".
Ecco, credo che un vero artista sia quello che riesce a darti la sensazione (illusione?), di averti ascoltato e dato una forma esteticamente significativa ai tuoi pensieri.
Per chi fosse appassionato del genere
https://www.ibs.it/ultima-profezia-del-mondo-degli-libro-silvana-de-mari/e/9788834716663
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