giovedì 2 giugno 2016

Se l'uomo uccide l'animale

Continuo ad illudermi e, puntualmente, a rimanere deluso ad ogni evento che tocchi temi cari all'opinione pubblica. Non tanto per il fatto che l'opinione pubblica sia particolarmente sensibile a certi temi, il che non può che essere un bene, ma per le collaterali valanghe di luoghi comuni e liberi sfoghi di becere opinioni da social.

Il primo fatto che ha imposto questa riflessione è l'ormai celebre storia della gorilla Harambe, la primate ospite dello zoo di Cincinnati abbattuta per salvare un bambino di 4 anni caduto nella sua gabbia. Abbiamo tutti visto i video dell'accaduto e, quindi, sappiamo tutti come è andata.



Leggere commenti del calibro di "era meglio salvare il gorilla che il bambino" o "avrebbero dovuto sparare alla madre" spingono a fare un altro fatale passo verso la totale perdita di fiducia nell'umanità. 
Ma come posso commentare l'avvenuto senza piombare in quel baratro di idiozie lanciate a caso da chi si sente superiore perché, a suo modo di vedere, leggendo topolino è un vero animalista? Che dire? Dal bassissimo del mio essere studente di biologia al secondo anno (o come lo direi al bar: "non ne so un cazzo anche se la cosa mi appassiona") mi verrebbero un paio di considerazioni. Osservando il gorilla nulla farebbe pensare ad intenzioni aggressive, anzi a tratti ho avuto l'impressione che Harambe stesse cercando di proteggere il bambino. Harambe era una femmina erbivora, e non credo vedesse in quell'estraneo dieci volte più piccolo di lei una minaccia per il suo territorio per le sue risorse o in lui una risorsa (timore che avrei avuto se il piccolo si fosse trovato nella gabbia di un predatore carnivoro anche di taglia enormemente inferiore a quella del gorilla). Tra l'altro pare che Harambe fosse un esemplare raro, in via di estinzione, tanto che il sito ufficiale dello zoo di Cincinnati raccoglie volentieri fondi proprio per la tutela e la ricerca a favore del proliferare dei gorilla. E allora perché abbatterlo? Davvero vogliamo pensare che in uno zoo che raccoglie fondi per la tutela dei gorilla non ci siano etologi e guardiacaccia sufficientemente esperti da interpretare e guidare i comportamenti dei primati?
Sarà un caso che lo zoo in questione si trovi nel paese dei pistoleri per antonomasia?
Sia ben chiaro che se la vita del bambino fosse stata in pericolo l'abbattimento dell'animale sarebbe stato un obbligo. Ma così non era e quindi credo che la vicenda del bambino e del gorilla sia stata l'apoteosi della negligenza e della superficialità dei genitori di un bambino che non lo proteggono dal cadere nella gabbia di un gorilla e del personale dello zoo che si è fatto prendere dalla sindrome di John Wayne.


Un'ombra di sconforto l'avverto però nel vedere le immagini di chi lascia fiori davanti alla statua eretta in memoria del gorilla ucciso. Veramente? Davvero portiamo fiori alla "tomba" di un gorilla di cui fino a ieri non sapevamo nemmeno dell'esistenza? Mi domando se chi spende soldi per comprare fiori da lasciare in ricordo di una scimmia sia mai andato in un cimitero di umani a lasciare una margherita a caso rivolgendo ad un defunto a caso un pensiero o una preghiera. E mi domando se quel qualcuno si ponga mai la questione dell'inquinamento, del riscaldamento globale, della deforestazione che spingono specie animali e vegetali all'estinzione (gorilla compresi). Lasciare fiori davanti alla statua di Harambe è la quintessenza dell'idiozia da social (quella che vorrebbe abbattuta la madre del bambino anziché il gorilla).

Ma il più importante mix di pena, rabbia e derisione l'ho provato vedendo il video girato dagli esponenti di un' associazione di tutela degli animali che una mattina si sono trovati davanti all'orrendo spettacolo di un centinaio di loro "ospiti" trucidati e smembrati. L'accusa verso ignoti ha subito scatenato la rabbia dei filosofi e giustizialisti da social che hanno riversato maledizioni e ingiurie sui presunti responsabili, sulle loro famiglie ed addirittura sulla loro discendenza. 
Non so perché, ma a me l'idea di qualcuno che entra in un recinto ed ammazza a caso un centinaio di galline non ha mai convinto ed infatti, guarda caso, le indagini della forza pubblica hanno decretato che con buona probabilità il responsabile della mattanza è niente meno che una volpe. Di quelle che da sempre fanno stragi negli allevamenti di pollame. Di quelle che per propria natura predatoria aggrediscono ed uccidono animali che si trovano più in basso lungo la catena alimentare.

Ancora una volta ho serie difficoltà a digerire questo sentimentalismo nei confronti degli animali che meritano il più profondo rispetto ma che restano pur sempre animali.

Mi piacerebbe che si diffondesse l'idea che si può essere degli ottimi ambientalisti e dei grandi amanti degli animali senza dimenticare che gli uomini sono però un gradino più in alto e che possiamo davvero fare qualcosa che sia di giovamento per l'ambiente e per l'essere umano. Sta a noi decidere. Sta a noi sforzarci (lo so che sembra impossibile!!) di condurre una vita rispettosa nei confronti di tutti. Per questo però non possiamo prescindere dal dato fondamentale ed innegabile che la natura ha le sue regole e che noi, per quanto immensamente sviluppati da un punto di vista intellettivo e tecnologico, non abbiamo il diritto di cercare di stravolgerle.

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