mercoledì 27 novembre 2019

Contro la violenza sulle donne

Al riparo dalla sporca ipocrisia di una giornata mondiale conto qualcosa a caso, mi va di ricordare data la ricorrenza della morte, Mercedes Grabowski; August Ames, per i più.
E' stata convinta, da una subdola propaganda battente, a barattare la propria dignità con la ricchezza del suo agente e la pruriginosa alienazione di milioni di frustrati.
Poi, in un rigurgito di autoconservazione, ha deciso che la tanto decantata autodeterminazione, che l'aveva portata nell'olimpo del porno, poteva sfruttarla a modo suo, andando incontro allo tsunami di merda che ti investe quando osi mettere in discussione gli ordini ricevuti. Pochi giorni di pressione social, da parte di tolleranti ed arcobalenosi openminded, sono bastati a far riemergere tutta la debolezza ed insicurezza di una bambina in cerca di approvazione.
L'hanno trovata in un parco pubblico, appesa per il collo ad ondeggiare sopra una pozza del suo stesso piscio, con la faccia livida e gli occhi sbarrati.
Ventitre anni.
E la premiazione postuma per aver partecipato, prima di ammazzarsi, alla più scenografica ammucchiata dell'anno.
Indignati ne abbiamo?

martedì 8 ottobre 2019

L'invasione araba d'Europa

Torna alla ribalta un articolo[1] vecchio di oltre tre anni e come da pronostico tornano alla ribalta i contrapposti luoghi comuni che animano l'universo papista-antipapista.
Come al solito la discussione nel suo complesso ruota attorno ad un concetto estrapolato da un intervento ovviamente corposo e complesso. Che ci si vuol fare? Per capire il papa ci vuole pazienza ed impegno; se solo Simplicio ne fosse capace!

Ad ogni modo, pare che se il papa parla di "invasione araba", vanno tutti fuori di testa; quando poi sostiene che "[...]quante invasioni l’Europa ha conosciuto nel corso della sua storia! E ha saputo sempre superarsi e andare avanti per trovarsi infine come ingrandita dallo scambio tra le culture", le teste esplodono definitivamente[2].
Cosa c'è di assurdo?
Che sia in atto un'invasione è fuori da ogni dubbio; che in Europa ce ne siano state di continuo nella storia, anche; che da questo possa nascere una collaborazione proficua vogliamo davvero negarlo?
Durante quel periodo meraviglioso, che è stato ingratamente chiamato Medioevo, la cristianità e l'islam hanno saputo partorire lo studio di Aristotele, l'algebra, la medicina, l'utilizzo delle lenti... il tutto senza progetto Erasmus!

Cosa avremmo dunque da temere?
Vero è, che a migrare nelle nostre terre è il ceto meno abbiente di paesi considerati in via di sviluppo, e che questi sono generalmente meno istruiti e maggiormente legati al sentimento religioso.
Ma la verità è che noi li temiamo per due ragioni fondamentali, entrambe dipendenti da noi.
Li temiamo perché vengono fondamentalmente importati nella più totale trascuratezza delle più banali regole di prudenza[3], abbandonati, senza uno scopo ne la benché minima possibilità di sperare in un futuro, nelle periferie dove la loro naturale sorte è delinquere, o venire sfruttati in un qualunque posto di lavoro, regolare o no, comunque sempre molto poco dignitoso.
La guerra tra pezzenti fa paura, soprattutto quando si percepisce la dualità del volerli pezzenti fingendo di curarsi di loro.

Ma ciò che fa più paura, è che noi non abbiamo una cultura da poter scambiare per arrivare alla crescita di entrambi.
Abbiamo paura perché contrariamente al Medioevo, oggi siamo liberi dalla cristianità, sostituita con qualcosa di non ben definito, nato si e no un paio di secoli fa. Che cos'è questa cosa? Illuministmo? Socialismo? Nichilismo? Relativismo?
E' la negazione dell'unicità dell'essere, è la negazione della stessa natura umana!
Continuo ad avere nelle orecchie le dichiarazioni dei potenti d'Europa all'indomani degli attentati terroristici che hanno insanguinato le città europee: "non rinunceremo ai nostri valori!".
Mi piacerebbe davvero sapere che cosa, questi aberranti abomini post-futuristi, vorrebbero contrapporre a che cosa.
Citeranno Ursula Von der Leyen, quando l'arabo pretenderà che venga legiferato secondo gli insegnamenti del profeta Maometto?
Si vanteranno delle perle di saggezza di Jacque Attali discutendo gli insegnamenti di Gialal al-Din Rumi? E che contributo sapranno apportare agli insegnamenti di Ibn Arabi?
Quando questi uomini e queste donne che ci stanno invadendo, ci porranno di fronte a domande profonde sulla natura umana, sul rapporto tra individuo e società, sulla giustizia, sulla morale, ora che abbiamo rinunciato a Francesco d'Assisi, Tommaso d'Aquino e Caterina da Siena cosa risponderemo?
Quando ci chiederanno quali sono i valori a cui non siamo disposti a rinunciare, sappiamo già che non sapremo rispondere. Sappiamo già che ci guardano da lontano, scimmiottare qualche sconosciuta filosofia orientale ammantata di faccio-quel-cazzo-che-mi-pare-esimo per dare un tono al nostro incistato infantilismo.

Gli arabi ci guardano, guardano i nostri occhi languidi su Osho e si fanno delle grasse risate! Sanno bene che ai loro Arkān al-Islām noi contrapponiamo sesso,droga&eutanasia; che alla loro Sharīʿa rispondiamo che non battezziamo i nostri figli perché sceglierà-da-grande.
Gli arabi lo sanno da anni, da quando quegli sciagurati anni '60 hanno iniziato ad avvelenare gli adolescenti, rendendoli schiavi di quella pubertà irresponsabile ed istintivamente ribelle che oggi è lo stile di vita occidentale. Lo disse, Houari Boumédiène, che nei decenni milioni di uomini sarebbero migrati verso nord, con l'intento di conquistare le terre europee e che ci sarebbero riusciti senza armi ma bensì con i ventri delle loro donne. A coloro che non credono nella citazione riportata dalla Fallaci[4], ricordo il più recente appello del presidente Erdogan[5].

Loro lo sanno, noi lo sappiamo.
Siamo un'accozzaglia di popoli senza cultura, senza storia e senza radici che sta accogliendo, a spregio di qualunque buon senso, orde di persone ben radicate nella loro cultura con una chiara prospettiva per il futuro.

Questo "scambio tra culture" porterà iPhone e McDonalds tra donne con il niqab, e mentre piangeremo per la mancata transazione a favore di Netflix, ci troveremo con la schiena solcata dalle frustate che ci saremo guadagnati per qualcosa che oggi, non solo non consideriamo punibile, ma nemmeno sbagliata.
Questo, qualcuno che si è reso conto di ciò che siamo ma non vuole o non riesce a liberarsi di quelle catene che chiama diritti, lo vede chiaramente.
E ne ha paura.

mercoledì 2 ottobre 2019

Come restituire a Greta linfanzia rubata

Sono un gretto, lo ammetto. Un bruto ed insensibile, uno sciacallo che gode nel bullizzare una ragazzina di sedici anni colpevole soltanto di aver risvegliato le coscienze dei potenti della Terra.
Non sopporto il peso di averle rubati i sogni e rovinato l'infanzia e sono felicissimo che finalmente il governo italiano abbia intrapreso una svolta green in totale accordo con BlackRock[1] (però è Greta che l'ha scosso eh!).

E allora ho deciso che voglio rendere concreto l'impegno per la salvaguardia della nostra casa in fiamme!
Farò finta di non sapere che quella che noi chiamiamo Terra, è un sasso che gira su se stesso alla velocità di 17.000km/h ed intorno al Sole ad una velocità di oltre 100.000km/h. Farò poi finta di non sapere che il sole gira intorno al centro della Via Lattea a 720.000km/h. In fine farò finta che non ci siano altri oggetti, tipo pianeti, satelliti, asteroidi o materia oscura, e che tutto ciò che accade sulla Terra dipende esclusivamente dall'impatto antropico. E' stato l'uomo, 3,5 miliardi di anni fa, a emettere massicce dosi di ossigeno che ad oggi comporta il buco nell'ozono.
E' innegabile che i cambiamenti climatici dipendano da noi e dall'abuso di aria condizionata.
Resta da spiegare come fosse possibile per Erik il Rosso chiamare intorno all'anno 1000 d.C. "Terra Verde" quell'isola che è sempre stata coperta da ghiaccio e che solo adesso stiamo sciogliendo a furia di usare la lacca per i capelli [2].

Impariamo a consumare in maniera più responsabile allora.
Compriamo più possibile oggetti che siano utili quando non indispensabili, e compriamoli in modo che abbiano vita più lunga possibile.
Un rasoio a mano libera costa un centinaio di euro, ma lo utilizziamo per tutta la vita e lo regaliamo a nostro figlio che risparmierà pure quei cento euro.
Certo,  un po' scomodo per la depilazione inguinale, per la quale ovviamente non utilizziamo cerette o creme depilatorie chimiche, ma ce ne faremo una ragione!
Una penna stilografica ha gli stessi vantaggi, e ci permette di non riempirci casa di cannuccette di plastica contenenti altre cannuccette di plastica con in fondo un cono di plastica nel quale scorre una sfera di plastica. La penna poteremmo lasciarla al secondogenito.
La carta, ovviamente va usata riciclata e, per tutto ciò che non è la scrittura, si possono riutilizzare i quotidiani.
Per il cibo dovremmo abituarci a consumarne un po' di meno, a comprarlo soltanto al mercato, dal fruttivendolo, dal macellaio e ad evitare imballaggi di plastica. Va da se che dovremmo consumare solo cibo di stagione e ragionevolmente regionale. Peccato per il mango e gli ananassi!
Le signore converranno con me, che la prevalente componente plastica degli assorbenti li rende deprecabili così come i rasoi usa e getta; con buona pace della battaglia per il ricalcolo dell'iva.
Non me ne vorranno le signore, di nuovo, se faccio loro notare che tutti i farmaci di cui si servono per scongiurare gravidanze indesiderate o per interrompere quello non scongiurate, vengono in parte pisciati nei mari, andando ad alterare la fisiologia degli organismi marini[3]. Se non vogliamo mangiare la plastica mangiata dai pesci ai quali abbiamo inquinato l'habitat, perché mai dovremmo ingerire inibitori endocrini?Via la Diane (tanto, con i brufoli le adolescenti sono graziose lo steso, no?), EllaOne, Ru486 et similia.
Della chemio non possiamo fare a meno se ci tocca il cancro, ma degli antiretrovirali si, quindi impegniamoci a non prendere l'HIV, epatiti e MST varie, così non intossicheremo i mari con i nostri farmaci.
Stesso discorso per i preservativi. Senza considerare il rischio biologico e batteriologico del contenuto, il solo  lattice di cui sono composti è inquinante tanto quanto una bottiglietta di plastica.
Con buona pace dell'OMS, che ha di recente consigliato a tutti i MSM di sottoporsi a terapia preventiva a base di antiretrovirali[4], e di tutti quelli convinti che un palloncino di gomma sia la panacea a tutti i mali del mondo.

Al di là della composizione in plastica o derivati, dovremmo fare una selezione dei prodotti importati dall'estero, soprattutto da paesi particolarmente lontani. Si stima che il traffico marittimo delle grandi navi cargo, che ci permettono di comprare cioffeghe cinesi a due spicci, copra da solo il 3-4% delle immissioni di CO2 in atmosfera[5].
Poi ci sarebbe la questione dello sfruttamento inumano dei lavoratori in tutta l'Asia, ma chissenefrega! Cioè, sono cinesi, mica panda...
Il mezzo di trasporto più inquinante resta comunque l'aereo[6], quindi direi che sarebbe buona cosa limitarne il più possibile l'utilizzo. Niente low cost, niente fed-ex o ups per acquisti on-line. Toccherà rinunciare ai viaggi Erasmus? Pazienza. San Tommaso d'Aquino, Erasmo da Rotterdam, Marco Polo, Galileo Galilei ed un'infinità di grandi menti che hanno cambiato la storia ci possono mostrare vie alternative di scambi culturali!
Chissà quanto devo lavorare, a 15km da casa, per emettere tanta CO2 quanto un low-cost da Falconara a Londra, con la mia punto a metano, senza mai effettivamente potermi permettere quel volo?

A voler essere pignoli per benino, nell'epoca del materialismo più bigotto, dobbiamo prendere in considerazione anche l'impalpabile.
Eh si, perché il mondo che compare nell'accrocco di plastica e silicio che ci portiamo ovunque, è un'infinita sequenza di scariche elettriche generate, stivate e trasmesse.
Qualcuno si è mai chiesto cosa succede quando si visita un sito?
Quell'insieme di informazioni che il nostro telefonino traduce in suoni e colori diversamente organizzati, è salvato su un disco rigido da qualche parte del mondo e quello che chiamiamo internet non è altro che un efficientissimo sistema di trasmissione di impulsi elettrici che ci consente di leggere quel disco rigido. Chi detiene il disco rigido? Google, che per chi non lo sapesse è proprietario di Youtube, Facebook, che per chi non lo sapesse è proprietario di Instagram e Whatsapp, Wikipedia, Microsoft, Apple, Pinterest, Thumblr, RaiPlay, MediasetPlay, La7, tutti i fornitori di servizi e-mail (Tim, Vodafone, Wind, 3, Iliad, Libero, Yahoo, Hotmail...) e un'infinità di altri.
Date le dimensioni di questi "dischi rigidi", quando ci riferiamo a questi fornitori di servizi, dobbiamo parlare di server farm, di una fattoria di server[7]. Quanta corrente elettrica serve per tenere in piedi una fattoria di server? E per tenerle in piedi tutte? In più, vi siete mai accorti che ogni apparecchio elettronico, dopo un lungo utilizzo si scalda? Come si raffredda una fattoria di server? Come si mantengono tutte le fattorie di server ad una temperatura accettabile? Google sostiene di utilizzare l'acqua del mar Baltico[8], Microsoft affonda le sue nel mare del Nord[9], e le soluzioni possono in effetti essere le più disparate.
Ciononostante sembrerebbe che gli utenti di Youtube immettano in atmosfera in un anno la stessa quantità di CO2 che esce nello stesso periodo da una città come Francoforte[10].
Che ne dite, iniziamo a ridurre il traffico internet?
Volessimo muoverci in questa direzione, se Youtube propone contenuti di indubbio valore artistico e culturale, di PornHub, che con il suo carattere assolutamente monotematico vanta poco meno della metà del traffico[11], possiamo decisamente fare a meno. O no?

In conclusione mi viene di riassumere questa mia riflessione in tre semplici punti.
Per restituire a Greta la sua infanzia dobbiamo rinnegare la globalizzazione, rinnegare l'europeismo e rinnegare la cosiddetta rivoluzione sessuale.
Forse, paradossalmente, così facendo scontenteremo Greta ed il suo fanclub, ma restituiremmo l'infanzia, i sogni ed un futuro a tutti gli altri.

giovedì 26 settembre 2019

Il suicida deve morire

Come era prevedibile, il Parlamento ha deciso di non esprimersi sulla questione Cappato (di cui ho parlato qui), lasciando la parola alla Corte Costituzionale che, come annunciato, si è espressa a favore della modifica, o meglio stralcio, dell'articolo 580 c.p.[1]
Di fatto, chi ha usato un disabile disperato per una battaglia ideologica esponendolo mediaticamente per mesi, cercando di convincere l'opinione pubblica che dato il suo stato di disabile aveva ragione di volersi ammazzare, accompagnandolo in Svizzera dove un qualunque signor nessuno gli ha messo in vena un ago collegato ad una dose di pentobarbital ed in bocca un pulsante che quella sostanza avrebbe fatto finire nel sangue, aiutandolo ad ammazzarsi, non ha commesso alcun reato. O meglio, lo ha commesso, ma la legge che codifica quel reato, a quanto pare, è incostituzionale e quindi liberi tutti!

A dire dei supremi giudici non è punibile "chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli[2]".

Quattro condizioni dunque: condizione patologica irreversibile, somministrazione di terapie di sostegno vitale, sofferenze intollerabili dovute alla patologia e la scelta libera e consapevole.

Non so a voi, ma a me è balzata agli occhi un'analogia con l'ipocrita legge 194[3].
Un sottilissimo velo olografico che tenta di mascherare la realtà dei fatti, e cioè che da oggi in poi qualunque disperato potrà farsi ammazzare.
Quella maledetta ipocrisia che blatera di aiuto, supporto, sostegno, risoluzione dei problemi, ricerca di alternative, che detonano nel "serio pericolo per la sua salute fisica o psichica".

Se la storia insegna, dovremmo leggere anche oggi il tentativo di stravolgimento del senso comune, che voleva ieri scongiurare il ricorso all'aborto ed oggi far desistere il suicida.
Ora come allora, i promotori della nuova legge sull'assassinio del consenziente hanno fatto pornografia della disperazione di un disperato, romanzandone le vicende pur storpiandole[4], per far breccia nella coscienza dell'uomo comune, imponendo l'infantile idea della completa disponibilità di ciò che si possiede; come se la vita di qualcuno, foss'anche la propria, si possedesse.

Mi domando come sia possibile che, se negli anni '70 sia stato possibile far breccia nella mente di gente ignorante, oggi con la conoscenza a portata di click, lo sia stato altrettanto.
Non sarà forse che dietro la cortina fumogena dell'istruzione capillare si sia voluto mantenere estremamente bassa la capacità di analisi?
Sentire gente convinta di essere l'amministratore ultimo del proprio corpo e della propria vita, mi da l'impressione di un'umanità convinta che il sole vada a dormire la sera e si risvegli al mattino.
Cosa ne abbiamo fatto della nostra Umanità? Cosa ne abbiamo fatto della consapevolezza di essere, in una qualche misura, più unici ed irripetibili di un fiocco di neve?
Davvero è bastato togliere le eleganti uniformi di Hugo Boss da SS per non riconoscere più i più feroci carnefici che la storia ci abbia presentato?

Ora che la guerra è persa, siamo condannati ad assistere allo sterminio senza quartiere del debole, alla feroce deumanizzazione di ognuno, a sperare di non cadere mai per non incorrere nel rischio di essere sacrificati sull'altare della purezza della razza.
In maniera del tutto cinica, viene da sperare che la prossima vittima della follia omicida liberal-radicale, sia l'insacrificabile, che per un beffardo scherzo del destino risponda alle quattro ipocrite condizioni per essere ammazzato.
Ma so già che non sarà così.
Ciò che ci aspetta è lo spietato massacro dei più deboli, che si perpetrerà fino all'eccesso tanto osceno da risvegliare d'un colpo la coscienza assopita dell'uomo comune ridotto a mera merce di scambio, che in un sussulto di umano orgoglio rivendicherà la propria natura divina.

Prepariamoci, perché quelli che ci si parano dinnanzi sono tempi oscuri, segnati dalla conta dei morti alla quale sopravviveranno solo i più tenaci.
A questi, sarà affidata la ricostruzione dell'umanità martirizzata.

lunedì 23 settembre 2019

La battaglia triste ma bella delle spogliarelliste di Sheffield

Ribloggato da Breviarium.eu
di Lucia Scozzoli.



Una settimana fa il Guardian ha pubblicato una notizia che in Italia è stata ripresa solo dall’Uffpost e Linkiesta, testate piuttosto progressist-arcobaleno: lo strip club Spearmint Rhino (parte di una catena presente in UK, US e Australia) di Sheffield ha vinto una battaglia legale durata anni e resta aperto.

A febbraio scorso un gruppo femminista anti porno e anti strip club, al grido “not buying it”, aveva deciso di assoldare investigatori privati per filmare all’interno del locale le attività illecite delle ballerine per far chiudere il locale: è riuscita a presentare 74 violazioni filmate, consistenti sostanzialmente in contatti (meglio sarebbe dire palpeggiamenti) tra ballerine e clienti, vietati per avere la licenza da strip club. Secondo il gruppo femminista, i filmati proverebbero molestie e abusi, sempre molto diffusi dove si pratica lo strip.

Le ballerine del club, però, hanno nettamente rifiutato l’etichetta di vittime involontarie ed hanno replicato denunciando gli investigatori di revenge porn, per averle filmate senza il loro consenso.

Leggiamo su linkiesta:

Charlotte Mead, capo dell’associazione Sheffield Women’s Equality e sostenitrice di Not Buying it, non si dà per vinta, dice che continueranno la campagna dato che gli strip club son luoghi che «contribuiscono a una cultura in cui gli uomini si sentono in diritto sui corpi delle donne» e che danneggiano la parità di genere. Meera Kulkarni del Sheffield Rape and Sexual Abuse Centre afferma quanto le donne che lavorano negli strip club abbiano spesso un passato di abuso e violenza sessuale. Affermazioni non gradite alle ballerine, come Heather Watson, che dichiara al The Guardian che, pur ammettendo che ci sia molto lavoro ancora da fare per rendere “l’industria più sicura e giusta”, «non siamo oggetti sessuali come siamo state descritte». Aggiungendo: «Siamo complesse e sfaccettate come chiunque altro e in realtà i clienti ci trattano come persone, più delle presunte femministe», rifiutando così a piè pari il ruolo di vittime. Rosa Vince, ricercatrice di filosofia specializzata in oggettivazione sessuale e residente a Sheffield, si è dichiarata contraria alla campagna: «Come femministe dobbiamo preoccuparci del consenso al contatto sessuale, e questo implica credere alle donne quando affermano che il consenso è presente, così come quando dicono che è assente». Ha sostenuto che, in caso di problemi di sfruttamento o di cattive condizioni di lavoro, la soluzione non era quella di far di tutto per chiudere il locale ma di aiutare le lavoratrici ad acquisire maggiori tutele.
C’è da domandarsi di quali maggiori tutele si parli: assistenza sanitaria? Corsi di autodifesa? O piuttosto la ricerca di un impiego più rispettoso della dignità delle donne?

Ad Atlantic City esiste un gruppo di donne evangeliche che gira per strip club di sera regalando pancake rosa alle ballerine “per farle sentire amate da Dio”, senza osare fare prediche né emettere giudizi. Una di queste ballerine testimoniò loro di essere una madre single e di preferire un lavoro così, due sere a settimana, lasciando i figli dai genitori, piuttosto che fare la commessa in un supermercato tutto il giorno e non vedere mai i suoi bambini. La dignità personale non è un valore assoluto e passa generosamente in secondo piano quando si tratta di portare a casa i soldi per far campare la famiglia. E questo è il vero tragico motore degli strip club e di tutti i lavori, come la prostituzione o la pornografia, che prosperano sulla pelle delle donne, che non vorrebbero essere schiave né della povertà moralista, né della volgarità maschilista.

Alla pubblicazione della sentenza di Sheffield, le ballerine hanno esultato in strada, tra cartelli colorati e vestiti sgargianti, ma davvero i loro sono visi di donne qualunque, alcune persino senza trucco, nemmeno appariscenti: spogliarelliste per necessità, appese al loro posto di lavoro con tenacia, come gli operai dell’ILVA mentre la fabbrica sputa veleni che uccidono i loro compaesani.

La necessità primaria, sopra ogni altro valore morale, sociale, psicologico è mantenere il posto di lavoro e le poche precarie tutele sociali ad esso associate. Gli ideali contro lo stipendio non possono vincere.

E davvero è aspra la povertà in questo mondo tecnologico, dove si punta ad eliminare persino il contante, cosicché nessuno abbia nemmeno uno spiccio da dare con leggerezza; dove senza un conto corrente, un cellulare e una e-mail non puoi accedere a nessun servizio, reclamare nessun diritto; dove la solitudine accerchia e se hai dei bambini da difendere non puoi contare su nessuno; dove il bisogno è uno stigma di stupidità, perché te la sei cercata; dove il sistema sanitario propone l’aborto come soluzione alla povertà; dove lasciar vivere un debole è considerato egoismo, perché sottrae risorse a chi è produttivo; dove conta solo quanto guadagni.

E allora combattere per salvare l’anima delle donne senza offrire un’alternativa concreta diventa un’azione ideologicamente astratta. Le donne si sono già vendute, si sono messe sul mercato da sole, quando hanno finito il cibo nella dispensa e hanno scoperto che con la dignità non si mangia. Sopra ogni cosa, concausa di questa situazione è la solitudine, figlia a volte di una distorta idea di emancipazione, a volte di sfortunate relazioni, a volte dura eredità di situazioni familiari disastrate già all’origine. Un femminismo che, nella sua cieca lotta contro il patriarcato opprimente, invoca la solitudine amazzone come soluzione a tutti i problemi e poi oscilla isterico tra una libertà sessuale senza limiti e un moralismo censore misantropo, non risolve nessuno dei guai delle donne, ma, se mai, ne crea dei nuovi.

Perduta chissà dove l’alleanza tra l’uomo e la donna, nei meandri di un rifiuto aprioristico di ogni forma di tradizione, la nuova Eva, nella sua lotta quotidiana per ridare significato alle cose di sempre, come la relazione con l’uomo, si trova costretta a chiamare libertà quel che è solo antica, povera, classica necessità.

venerdì 20 settembre 2019

The european way of life

Leggo su Repubblica un articolo[1] a firma di Ursula von der Leyen, neo-nominata Presidente della Commissione Europea.
Nonostante l'immenso potere conferitole, la stragrande maggioranza dei cittadini europei non tedeschi non ha la più pallida idea di chi sia. Per farla breve: una fedelissima di fräu Merkel, ministro della difesa e, ovviamente, europeista della prima ora.

Cosa ci dice colei che deciderà quanto potremo curarci dei fatti nostri e quanto invece dovremo curarci delle impellenze europee?
Ci dice quanto sia prezioso l' european way of life, che "non ha bisogno di spiegazioni: è semplicemente la realtà quotidiana". "Per me" dice "la miglior descrizione dello stile di vita europeo è quella racchiusa nell'articolo 2 del Trattato" e cioè che "l'Unione si fonda sui valori della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti umani. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società fondata sul pluralismo, sulla tolleranza, sulla giustizia, sulla solidarietà e sulla non discriminazione.[2]"

L'articolo prosegue, per chi avesse voglia di leggerlo fino in fondo è linkato ad inizio post.
Io l'ho fatto e nel commento mi fermo qui. Ho già letto abbastanza cazzate.
Ora, delle due l'una: o fräu von der Leyen è una mitomane, ed in tal caso inadatta a ricoprire qualunque carica di responsabilità, o mente sapendo di mentire, il che sarebbe ancora più grave!
Voglio, col beneficio del dubbio, prendere per buona l'ipotesi della buona fede ma allora è d'obbligo chiedersi dove viva 'sta qui.

Parla di dignità, di libertà, di democrazia... di diritti umani!
Mioddio ma è davvero possibile uno scollamento tanto profondo tra chi rappresenta (?) il popolo ed il popolo stesso?
Partendo dal presupposto che di crucchi, di succhia lumache e di puttanieri tossici me ne importa meno di niente, in Italia oggi non c'è niente di tutto questo!
E' sempre Repubblica[3] a darci i numeri del lavoro agricolo nel nostro paese e scopriamo che un milione sono i braccianti, di cui il 72% cittadini italiani, pagati mediamente tre euro l'ora (3 EURO L'ORA!!!!!), irregolari per il 43%.
A questi poveri cristi, che vivono una condizione indegnamente precaria, sotto pagati, deprivati di qualunque diritto del lavoro, derubati della possibilità di vivere una qualunque vita che non preveda un campo e qualcosa da coltivare, vogliamo davvero parlare dell' european way of life?

Come dovrebbero accogliere le parole della neo Ministro Bellanova, dell' ipereuropeista governo Conte-bis, che in diretta TV[4] ha sostenuto di aver ricevuto chiamate da parte di industrie agricole che la supplicano di aprire i porti altrimenti i raccolti vanno a male?
O come dovrebbero accogliere gli stessi le dichiarazioni della stessa Bellanova riguardo la ratifica del CETA[5] che, in sostanza, prevede l'importazione di prodotti agricoli, e non solo, da oltre Atlantico?

Le privatizzazioni selvagge si susseguono dai primi anni '90 e ci stiamo ancora chiedendo se non fosse che, forse, senza che nessuno abbia potuto prevedere, sia successo qualcosa per cui questo processo perfetto ha portato a risultati disastrosi.
Per farsi un'idea di quanta gente è salariata da qualche straniero basta dare un occhio a questo articolo[6] di Agi, che essendo vecchio di un anno pecca di incompletezza.
Considerando il peggior scenario possibile si consideri le vicende Whirlpool[7] e le si applichi a tutte le aziende in mano straniera. Se un consiglio di amministrazione di un fondo di investimenti[8] straniero decide, in maniera del tutto arbitraria, che quella data azienda presenta un esubero di mille unità, significa che dall'oggi al domani per volere di non si sa bene chi, mille famiglie si ritrovano senza uno stipendio. E il Governo che fa? I sindacati che fanno?
Si preoccupano di tenere intatto l' european way of life a dispetto della dignità e della libertà di quelle mille famiglie.
Nell'800 almeno il padrone potevi scannarlo: that's globalization babe!
Un enorme hub finanziario come la UE, tratta con un enorme hub finanziario come Washington o Pechino dove le norme sono diverse e quella che amano chiamare competitività non è altro che un'asta al ribasso per i salari e per i diritti della plebe.

Per fare un esempio tangibile di come quanto su scritto sia reale e non il frutto dei condizionamenti imposti da famigerati partiti populisti, sovranisti, nazionalisti, ricordo dall'incontro che ho avuto qualche giorno fa con un amico, che per inciso è quello con le emorroidi e la disfunzione erettile.
Lavora per una grossa multinazionale che fattura miliardi di euro l'anno con decine di sedi nella sola Italia. Ovviamente le tasse le paga in Irlanda; ovviamente è attenta "al pluralismo, alla tolleranza, alla giustizia, alla solidarietà ed alla non discriminazione"; ovviamente tutti i suoi co-worker sono costantemente perfetti, sorridenti, smart, disponibili a realizzare ogni desiderio dei customer, proiettati alla mission e sempre desiderosi di nuovi training, con un coach sempre a disposizione...
Ebbene, pare abbiano mancato uno o più goal e quindi via cinquanta risorse (si, un uomo o una donna è ne più ne meno che un barile di petrolio). Attenzione però, perché non sono stati cacciati in malo modo: con aria leggermente compunta è stato loro comunicato che sfortunatamente sono venute a mancare le condizioni per l'ennesimo rinnovo del contratto mensile ottenuto ed agognato dopo mesi di stage mal retribuito.
E così, tanti saluti Giulia (nome di fantasia). Sticazzi che hai un figlio di due anni!
Tanti saluti Giulio (nome di fantasia). Un terzo dello stipendio lo hai sputtanato in alloggio e viaggi per raggiungere la nostra sede a 600 km da casa tua, ma non volevi un lavoro dinamico? Te ne abbiamo dato l'oppurtunità...
Tanti saluti Maria (nome di fantasia). Hai 20 anni e da stasera dovrete vivere con il solo stipendio del tuo ragazzo sperando che almeno a lui il contratto verrà rinnovato, ma vuoi mettere il brivido dell'avventura? Non è noioso il posto fisso[9]?
Tanti saluti Mario (nome di fantasia). A cinquant'anni, vai tranquillo che un bel lavoro lo trovi presto!
E mi raccomando, quando nel prossimo posto di lavoro cercherete, senza trovarlo, il biliardino in mensa ricordatevi di quanto siamo stati buoni!
In compenso però, mi diceva quel mio amico, di come siano molto propensi a collaborare per l'integrazione degli immigrati, preferibilmente quelli arrivati recentemente via mare, quelli semi analfabeti che stentano a tenere una penna in mano. Solo qualche mese però; appena finiscono i fondi pubblici, via Ahmed e dentro Muhammad. E' solo per pura casualità che nessuno di questi dopo il periodo di integrazione abbia imparato a parlare la lingua o a scrivere ma solo a tirare un transpallet.
Noi siamo buoni, ma se sei negro più di tanto non puoi pretendere!

In compenso però, quelli che non sono arrivati via mare, con le loro stupide pretese di ferie e vacanze, tra un trimestrale e l'altro, possono viaggiare liberamente con la sola carta di identità. Un Roma-Parigi costa quanto una pizza ed una birra: e allora zaino in spalla e si va ad allargare le vedute!
Qualcuno si è chiesto come si faccia a far volare un aereo con 20€?
Lo sappiamo tutti ormai, ma il tasso di assuefazione alla propaganda europeista è tale da farcelo ignorare: i dipendenti delle low-cost sono schiavi[10]!

Ad ogni modo, mi impegno ad approfondire la questione nuovi schiavi in post futuri in cui racconterò le storie dei plebei miei consimili che ho incontrato negli anni.
Vi prego però, ignorate le parole vuote di questi psicotici al potere: il loro unico scopo è mantenerci in condizioni pietose per garantire l'alto fatturato della finanza!

Ah, e se vi venisse voglia di andare a Parigi[11], valutate l'idea di spendere quei 50€ in un bel ristorante sotto casa, che sapete essere gestito da qualcuno che ama il proprio mestiere e cerca di farlo onestamente.

martedì 6 agosto 2019

Le vittime delle stragi

Dicono che diventare adulti significhi perdonare ai propri genitori i loro errori.
Immagino dipenda dal fatto che quando ci si trova a vivere determinate situazioni ed esperienze ci si chiede se, in effetti, le scelte a lungo detestate fossero poi così sbagliate.

Non so se sono del tutto un adulto; non avendo figli non so come affronterei l'essere padre.
Sento tuttavia l'incedere dell'età con il crescere della passione che provo per la miseria dell'uomo.
Quella misera che non risparmia nessun essere umano; quella miseria che ci rende esseri umani.
Il più evoluto dei primati non elabora i traumi, neanche i più gravi.
Il più idiota degli uomini al contrario, elabora anche il trauma più lieve: noi, sul letto di morte, possiamo ricordare di nostro fratello che ci ha rubato una caramella nell'infanzia.

L'elaborazione dei traumi, credo sia il fondamento sul quale sviluppiamo la nostra personalità. Ogni nostra scelta dipende dal rapporto che abbiamo con i traumi che abbiamo subìto e ogni nostra scelta rischia di essere per noi un trauma.

Mi è capitato di pensarci intensamente dopo aver osservato con un certo trasporto un bambino nell'arduo tentativo di trovare il giusto equilibrio per poter restare in piedi e tentare di mettere un passo avanti all'altro.
La concentrazione che da seduto gli ha permesso di mettersi carponi, lo sforzo di distendere le ginocchia e piantare i piedi a terra prima di spostare il peso all'indietro ed alzare le mani tra paura ed eccitazione, gli occhi che si illuminano appena sopra l'apparire di un sorriso all'aver raggiunto il punto di osservazione più alto di sempre senza l'aiuto di un gigante.
La gioia straripante all'entusiasmo manifesto dei più grandi a fare il tifo per lui.

Ogni bambino è passato di qui, anche il più feroce omicida.
Anche gli stragisti di cui si parla in questi giorni.
Patrick Crusius, un "Nerd solitario e irascibile, forse bullizzato[1]", entrato in un super mercato di El Paso per ammazzare con un AK oltre venti persone dopo aver lasciato un manifesto in odio ai messicani che a suo dire invadono il Texas.
Connor Betts, ha ucciso, in un bar di Dayton, nove persone tra cui sua sorella, prima di essere a sua volta ucciso dalla polizia.
Santino William Legan, assaltato la sagra dell'aglio di Gilroy, uccide quattro persone.
DeWayne Antonio Craddock, impiegato modello, gentile, educato, si è licenziato senza motivo e senza motivo ha ammazzato dodici persone a caso nel centro di Virginia Beach.

Oltre ai morti, i feriti.

Dall'inizio dell'anno, solo negli Usa sono state registrate venti stragi con più di quattro vittime.

In tutta franchezza, ne ho i coglioni pieni della retorica da ritardo mentale che incolpa il presidente in carica, il giornalista all'opposizione o l'accesso alle armi da fuoco (Kabobo ci ha insegnato con una certa efficacia che per ammazzare tre sconosciuti per strada basta passare al brico e comprare un piccone a venti euro).
Ne ho i coglioni pieni perché la retorica da ritardo mentale serve solo a sentirci un po' migliori dei ritardati della fazione opposta.
E' colpa di Salvini che incita all'odio; è colpa della Boldrini che auspica l'arrivo di orde di africani; è colpa di Trump e dei suoi twit; è colpa dell' NRA che vuole il mercato delle armi libero da restrizioni; è colpa dei Dem che hanno condannato il paese alla povertà...
Guardateli negli occhi questi stragisti. 
Guardateli negli occhi e ditemi se non sono già morti.
Guardate il vuoto dietro le iridi e chiedetevi chi, da quegli occhi ha spento la gioia straripante all'entusiasmo manifesto dei più grandi a fare il tifo per loro.

Guardatevi intorno.
Guardate gli occhi dell'uomo che siede davanti a voi sui mezzi, della donna che incrociate uscendo dal bar.
Guardate gli occhi nelle foto delle feste su facebook.
Guardate gli occhi nei selfie di instagram.
Guardate gli occhi nello specchio.

Guardate, scrutate e chiedetevi dov'è la gioia, la voglia di vivere, l'entusiasmo di aver raggiunto la vetta.
Se non la trovate non è perché siete ciechi, ma perché ce l'hanno portata via.
E' chi ci ha portato via la gioia, la voglia di vivere e l'entusiasmo di aver raggiunto la vetta, che ha le mani sporche del sangue dei morti, degli stragisti, dei suicidi.

Non c'è niente di più bello della miseria dell'uomo: la vera tragedia è il non sapere che farne.

lunedì 5 agosto 2019

La pedofilia è un orientamento sessuale, come essere etero o gay

Nell'aprile del 2016, tra le colonne dell'Indipendent, appariva un articolo dal titolo quantomai controverso che ho ripreso per questo mio post.
L'articolo è consultabile a questo link.

Anzitutto è bene precisare che oggetto della discussione è un post apparso su Reddit, nel quale un anonimo psicologo forense, professionalmente verificato dalla piattaforma di discussione, sostiene che, per l'appunto, la pedofilia è un orientamento sessuale esattamente come l'eterosessualità o l'omosessualità.
Per dare una misura della questione, descrive l'attrazione provata da un pedofilo nei confronti di un bambino, come l'attrazione provata da una donna etero per un uomo.
Inoltre, sempre secondo lo psicologo, così come un eterosessuale può tenere comportamenti omosessuali senza definisti tale o bisessuale, un pedofilo può intrattenere rapporti con adulti senza doversi definire diversamente da ciò che in realtà è.

Ma allora come comportarsi con un pedofilo che attenti all'incolumità dei bambini da cui è attratto?
Una terapia può essere efficace nel proporre una serie di comportamenti non lesivi e più appropriati al contesto, ma senza andare a modificare la natura dell'orientamento sessuale.

Ora, dato che la specialità dello psicologo sono agli abusatori sessuali, la sua preoccupazione poggia su tre quesiti fondamentali:
  • Il pedofilo sa riconoscere chi è in grado di accordare il consenso per un rapporto da chi non lo è? E se si, da che cosa è in grado di riconoscerlo?
  • è in grado di valutare i rischi che comporta l'intrattenere rapporti con chi non è in grado di accordare il consenso? Come riesce ad evitare o limitare questi rischi?
  • su che cosa puoi concentrarti per mitigare l'istinto di approcciare in maniera abusante chi non può accordarti il consenso?
L'impressione che ho, è che si tratti a tutti gli effetti la pedofilia alla stregua di una qualunque attrazione di natura erotico-sessuale: l'unico interesse si riversa sul consenso, sic!

Considerando che nel Regno Unito è stimata la presenza di 250.000 pedofili è importante ragionare sull'approccio da tenere nei confronti di chi manifesta queste tendenze. Dalla Germania arriva l'idea di trattare un pedofilo come una vittima anziché come un carnefice, in ragione del fatto che non ha scelto di essere un pedofilo e non c'è possibilità di modificare il suo orientamento.
Mai sentito dire cose del tipo "sono nato così, non puoi criminalizzarmi per questo" o "chi sei tu per dirmi che sono contronatura"?

D'altronde sono ormai decenni che se ne parla in maniera più o meno scientifica; se il nostro Mario Mieli rivendicava il diritto delle checche rivoluzionarie a fare l'amore con i bambini non ancora educastrati dalla famiglie e dalla società, già negli anni '60, l'APA, che in quegli anni era impegnata ad abbattere qualunque tabù riguardo l'omosessualità, negli anni '10 del terzo millennio, si sbilancia e nel DSM-V attira un'enorme attenzione sul tema pedofilia, andando a definire dettagliate metodologie diagnostiche che, in fin dei conti, ci dicono che il pedofilo non è un malato ma un qualcosa di un po' sopra le righe ma tutto sommato niente di che.
Nel DSM-5 colui che mostra un’attrazione sessuale e agito verso i bambini, mostra un disagio clinicamente significativo e una compromissione dell’area sociale e psicologica.
[...]la stampa internazionale, questa volta, si è scagliata contro il termine, introdotto nel DSM IV 5 pedophilic sexual orientation.Non solo disordine, ma orientamento sessuale! Effettivamente, questa dicitura lasciava molto perplessi: la pedofilia non era più un problema psicologico? Ed ecco che arriva la correzione: si tratta di sexual interest e non di orientamento.
Tutti coloro che non soddisfano pienamente i criteri per la diagnosi di pedophilic disorder, in quanto presentano un’attrazione sessuale rivolta verso i bambini non agita, in assenza di sentimenti di colpa, vergogna e ansia, quindi egosintonica, presentano un “orientamento sessuale”. [1]
Non essendo uno psichiatra, non spetta certo a me un'attenta disamina di ciò che determina la pedofilia in un individuo e, in tutta onestà, non ho nemmeno gli strumenti per poterla definire una malattia, una patologia, un orientamento, un disturbo o quel che si vuole.
Posso però interrogarmi sulle ricadute sociali che questa discussione può portare.

Alla luce di decenni di discussione, mi domando se è sano, giusto, normale accettare l'esistenza di cose come la comunità dei pedofili virtuosi, incapaci di stigmatizzare qualcosa che per sua stessa natura è profondamente sbagliato.
Mancherà ancora molto prima di sentire qualcuno dire "Mi ha detto il papa [...]che tu sia pedofilo non importa. Dio ti ha fatto così e ti ama così e non mi interessa. Il papa ti ama così. Devi essere felice di ciò che sei [2]"

giovedì 1 agosto 2019

Abolita l'omotransnegatività. Il mondo è adesso un posto migliore?

Cosa sia realmente successo a Bibbiano e dintorni è sempre meno nebuloso, nonostante l'intero dibattito si stia sviluppando intorno a quello che sembra essere l'atteggiamento tenuto dall'informazione e dalla politica.
Se è indubbio un certo grado di sciacallaggio da certa parte politica, l'eccesso di cautela, che mal dissimula omertà quando non connivenza della parte antagonista, è più che sospetto.
Se sciacallare una situazione oscena può attirare l'attenzione dell'opinione pubblica e della magistratura e, di conseguenza, all'arresto del meccanismo in funzione ed alla punizione dei colpevoli, che ben venga!
Il silenzio invece, non può che portare al perpetrarsi di qualcosa che mai avremmo voluto sapere esistere.

Nel silenzio, nel frattempo, la Regione Emilia Romagna, ha approvato la Legge Regionale contro le discriminazioni e le violenze determinate dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere (clicca sul link per ottenere il testo di legge).
In effetti il collegamento tra lo scandalo Bibbiano e le discriminazioni determinate dall'orientamento sessuale, non è immediato.
Sarebbe da chiedersi quindi, per quale ragione ai vertici del sistema dei servizi sociali operanti nell'Unione dei comuni della Val d'Enza, siano gli stessi che spingono per ottenere, ed ottengono leggi come quella in questione.

Ma cosa prevede la legge appena approvata dalla Regione?
All'art.1 comma 1 leggiamo:
"La Regione Emilia-Romagna [...] promuove e realizza politiche, programmi ed azioni finalizzati a tutelare ogni persona nella propria libertà di espressione e manifestazione del proprio orientamento sessuale e della propria identità di genere, nonché a prevenire e superare le situazioni di discriminazione, dileggio, violenza verbale, psicologica e fisica."
Considerando che il gender non esiste, cosa si intende con "manifestazione della propria identità di genere"? Per chi non fosse avvezzo del tema, consiglio di leggere la pagina wikipedia linkata, che nella sua endemica superficialità, può servire a farsi un'idea dea di che cosa stiamo parlando.
E' vero che una legge regionale non prevede procedimenti penali, ma oggetto della legge è chi non riconosce l'esistenza dei gender fluid?

Ai commi 4 e 5 prosegue:
"La Regione, ai fini di prevenire le discriminazioni per motivi derivanti dall' orientamento sessuale o dall'identità di genere e favorire una cultura del rispetto e della non discriminazione, promuove e valorizza l'integrazione tra le politiche educative, scolastiche e formative, sociali e sanitarie, del lavoro."
"Per le finalità di cui alla presente legge, la Regione aderisce a RE.A.DY (Rete nazionale delle pubbliche amministrazioni antidiscriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere) e nomina un delegato mediante decreto del Presidente della Giunta." 
In parole povere, tutte le politiche promosse dalla Regione che riguardino l'istruzione, la formazione i contesti sociali, la sanità ed il lavoro tutto, verranno strutturate in modo da rispettare le linee guida di RE.A.DY che, non essendo un ente pubblico, rappresenta soltanto una parte della popolazione.

Art. 2 commi 2 e 3:
"La Regione e gli enti locali, nei codici di comportamento e nelle attività di formazione e aggiornamento del personale, promuovono parità di trattamento di ogni orientamento sessuale e identità di genere, anche mediante il contrasto degli stereotipi discriminatori e di un linguaggio offensivo o di dileggio."
 "Ai fini della presente legge per stereotipi discriminatori si intendono, nel pieno rispetto della libertà di pensiero, di educazione e di espressione costituzionalmente garantiti a tutta la cittadinanza, i pregiudizi che producono effetti lesivi della dignità, delle libertà e dei diritti inviolabili della persona, limitandone il pieno sviluppo."
 Abbiamo una legge che stigmatizza il dileggio. Tradotto: se sfotto qualcuno perché gay vìolo la legge; se lo sfotto perché è un ciccione invece, va tutto bene.
Ma la perplessità più profonda riguarda quegli stereotipi discriminatori che limitano il pieno sviluppo della persona, da contrastare ma nel pieno rispetto della libertà di pensiero, di educazione e di espressione: se penso, dico ed insegno ai miei figli, che un omosessuale non ha il diritto di comprare un bambino tramite l'utero in affitto, impedisco il pieno sviluppo della persona gay che quel bambino lo vuole comprare, ma godo dei miei diritti di pensiero, educazione ed espressione. Al contrario se non posso interferire con il pieno sviluppo del gay che vuole comprarsi un bambino, vedo negati i miei diritti di pensiero, educazione ed espressione.
Delle due l'una: di che cosa non possiamo proprio fare a meno?

Art.3 comma 1:
"La Regione, nell’ambito delle proprie competenze, in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale, le agenzie educative del territorio e le associazioni, sostiene la promozione di attività di formazione e aggiornamento del personale docente diretta a favorire inclusione sociale, superamento degli stereotipi discriminatori, prevenzione del bullismo e cyberbullismo motivato dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere, sostenendo progettualità le cui modalità assicurino il dovere e diritto dei genitori di educare la prole, ai sensi dell’articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti umani e dell’articolo 30 della Costituzione. A tale scopo la Regione valorizza la pluralità delle metodologie di intervento per garantire un’effettiva libertà di scelta."
Il gioco si fa duro!
Questo articolo dice tutto e non dice niente, ma dicendo tutto è estremamente importante.
E' vero, si ribadisce il diritto e dovere dei genitori di educare la prole. Ma come la mettiamo se l'insegnamento dato alla prole dai genitori cozza con la piena realizzazione, che preveda l'orientamento sessuale e l'identità di genere, della persona?
Dal momento che la legge non descrive le modalità con cui questo comma deve essere applicato, sento di poter chiedere l'aiuto della senatrice Cirinnà del PD, relatrice e prima firmataria della legge sulle unioni civili e potente attivista a favore dei diritti LGBTechipiùnehapiùnemetta, che a margine del congresso mondiale delle famiglie di Verona, sosteneva che: "[...]la scuola pubblica ti deve aiutare se hai la sfiga di nascere in una di quelle famiglie[...]".
In effetti, se tua madre ti prostituisce, tuo padre di picchia, tuo zio gestisce un giro di spaccio dentro casa tua e tuo nonno è il croupier di una bisca clandestina, l'insegnante che se ne accorgesse avrebbe i ldovere, se non altro morale, di allertare i servizi sociali per un approfondimento.
In Val d'Enza è successo che troppe segnalazioni sono arrivate sui tavoli di assistenti sociali troppo potenti.
Come sostenuto da Federica Anghinolfi durante un'audizione alla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza della Camera dei Deputati presieduta da Sandra Zampa del PD:
"[...]sull'emergenza interveniamo in 24 ore, e, se necessario, in 24 ore il minore viene collocato fuori famiglia, se deve iniziare una terapia, la inizia e avvia tutto il percorso con le autorità giudiziarie. Sarebbe importante mettere a sistema esperienze che diano la possibilità di intervenire in modo efficace, perché siamo stati chiamati dal Garante dell'infanzia e si è scoperto che anche a livello regionale la legge n. 14 era applicata parzialmente, cioè l'articolo 18, quello sull'intervento e sulla cura anche giudiziaria, non solo cura psicoterapeutica, non veniva applicato se non a Bologna."
L'ha detto lei, davanti ad una commissione parlamentare: dalla sera alla mattina hanno il potere di allontanare un minore dalla sua famiglia.
In un certo senso, la legge appena approvata va a colmare quel vuoto che la Anghinolfi lamenta.
Il sistema era talmente efficiente da meritare il plauso del sindaco di Bibbiano, anche lui PD, che nella stessa audizione sosteneva:
"[...]un sistema di servizi di welfare di comunità composto da operatori estremamente competenti, un sistema abituato a saper innovare, rimodulare le proprie azioni, i propri  comportamenti, i propri progetti in base al mutamento dei bisogni, e una straordinaria  capacità maturata nel tempo a lavorare in rete sociale, comparto educativo, comparto  sanitario. Questa è la premessa fondamentale per cogliere l'approccio che abbiamo messo in campo a partire dal 2014 rispetto a questo fenomeno manifestatosi con numeri  estremamente significativi.[...] C'era bisogno di mettere a disposizione dei nostri operatori  del sociale e degli operatori della sanità formazione e competenze per  affrontare in maniera adeguata e qualificata questo fenomeno. Ci siamo rivolti al Centro studi Hansel e Gretel di Torino, che è uno dei centri maggiormente qualificati su questi  temi, e questo è stato un elemento determinante; quindi la formazione, rafforzare il lavoro di rete, chiedendo a tutti un'assunzione di responsabilità dinanzi alla sfida che ci trovavamo di fronte.[...] Qui finalmente i minori hanno trovato il coraggio di denunciare perché sapevano di poter contare su una rete di operatori in grado di raccogliere questo loro grido e accompagnarli fuori dal tunnel. Altro elemento: non lasciare soli gli operatori, perché – credetemi – è estremamente difficile e complesso dal punto di vista fisico, ma anche dal punto di vista psicologico affrontare e ascoltare alcuni racconti, c'è il rischio che qualcuno cerchi di isolare questi operatori che affrontano temi che mettono in discussione la comunità, che cerchi anche di delegittimare le loro competenze. Noi  abbiamo sempre detto pubblicamente che siamo al fianco dei nostri operatori, li sosteniamo in questa sfida. Altro elemento: questo è un tema che non può essere delegato solo agli operatori del sociale, della sanità o del settore educativo, ma si deve richiamare l'intera comunità a un senso di responsabilità per riuscire a cogliere anche nel quotidiano  indicatori che possano far pensare che in quel determinato contesto familiare o educativo ci possano essere cose estremamente negative, che possono mettere a rischio dei minori.
Ricapitolando: se un bambino ha la sfiga di nascere in una di quelle famiglie che rischiano di compromettere il pieno sviluppo delle persone nella sfera che riguarda il loro orientamento sessuale e la loro identità di genere, va segnalato ai servizi sociali che, qualora ritenessero particolarmente grave la situazione familiare, allontanerebbero il minore entro 24 ore, perché è così che un sistema efficiente funziona: parola di sindaco!
Per essere sicuri che tutti, ma proprio tutti, sappiano riconoscere l'omotransnegatività, la Regioni si premura di organizzare e finanziare iniziative di informazione anche coinvolgendo organizzazioni di volontariato e/o associazioni purché associate alla rete RE.A.DY.
Altro vuoto colmato da una legge che sembra stata scritta di penna dagli indagati per Angeli&Demoni!

Non bastassero i corsi di formazione, gli eventi, le iniziative, l'arte, i convegni e le conferenze è stato stilato l'articolo 7 che nei commi 1 e 2 specifica che:
"Il CORECOM [...]effettua, nei periodi di monitoraggio individuati nel corso dell’anno o su segnalazione di terzi, la rilevazione sui contenuti della programmazione televisiva e  radiofonica regionale e locale, nonché dei messaggi commerciali e pubblicitari, eventualmente discriminatori rispetto alla pari dignità riconosciuta ai diversi  orientamenti sessuali o all'identità di genere della persona[...] e  si fa parte attiva nella segnalazione alle autorità e agli organismi competenti."
"Nell'ambito delle funzioni di disciplina dell'accesso radiofonico e televisivo regionale, il CORECOM assicura un efficace esercizio della facoltà di accesso ai soggetti legittimati, garantendo adeguati spazi di informazione e di espressione anche in ordine alla trattazione delle tematiche di cui alla presente legge." 
Non ci si azzardi dunque a citare Santa Caterina da Siena in radio e TV e non si omettano pubblicità con i puppy che fanno la spesa felici nel reparto pannolini e biberon!

Mi ripropongo la stessa domanda che mi posi all'epoca delle unioni civili: è davvero di questo che gli emiliani ed i romagnoli avevano urgente bisogno?

In ogni caso la legge è ormai legge.
Vedremo se lo scandalo Bibbiano segnerà effettivamente la presa di coscienza, da parte di politica e magistratura, di un problema da risolvere o se questa legge non sarà che un ennesimo e non ultimo passo avanti verso un mondo in cui lo stato ha il primato sull'individuo, sul quale impone il suo dominio con la dea autodeterminazione anziché con KGB e Gestapo.

Inquietante è il silenzio, quasi ovvio, da parte di chi baciando rosari e consacrando l'europa al Cuore Immacolato di Maria, si diletta a bimbominchiare su internet:

Verrebbe da chiedersi se, con #Salvini e #Zingaraccia in trending topic su twitter, un twit tanto idiota non sia un tentativo si sviare l'attenzione.

venerdì 19 luglio 2019

Perché non avvertiamo (più) la tragedia del dolore innocente?


Vincent Lambert è morto e sepolto, già ci giungono notizie sulla prossima vittima designata dalla “società dello scarto” e appare sempre più fiaccata la capacità non solo di offrire una risposta e un'alternativa alla dissoluzione, bensì anche quella di coglierne il dramma. Un giovane gesuita italiano si chiede se la libertà umana non sia stata “inventata” dagli autori sacri, e l'idea promette di rivelarsi più che meramente “suggestiva”.

Questa mattina commentavo con un’amica la terribile notizia della bambina uccisa da una pallina da golf fatalmente impattata sulla sua nuca dopo essere stata colpita dal padre, il quale portava abitualmente la figlia sul green. La bimba era quietamente seduta sulla golf cart, il padre non era un giocatore della domenica (e del resto aveva portato la figlia su un prato da golf, certo non a un safari). Eppure per la seienne non c’è stato nulla da fare. A stento si riesce a immaginare che si possa fare qualcosa per il padre. La mia amica commentava:

Vedi? La tragedia è sempre dietro l’angolo della vita di ciascuno. Dio dice che valiamo molto più di molti passeri, ma spesso si ha l’impressione che valiamo meno della sabbia. Ci mettiamo a battagliare per una vita in bilico e migliaia di vite cadono come grano sotto la falce ogni istante; è meglio morire vittima della mano iniqua dell’uomo o per il distratto fato? meglio una pallina in testa nel campo da golf o il sistema sanitario inglese che ti fa guerra e ti stacca il respiratore?
Dato il suo riferimento al delicato caso della piccola Tafida, di un anno più giovane della bimba statunitense, ho osservato di rimando che quando la posta in gioco è così alta anche solo il sospetto del dolo è più intollerabile dell’evidenza della colpa, e più lieve di tutto appare il cieco fato. Un dolore al quale non possano mescolarsi rancore e risentimento, paragonato agli altri due, sembra quasi dolce. La verità, però, è che nessuno ama soffrire e men che meno qualcuno desidera morire: quando poi a morire sono (o devono essere) delle persone amate lo strazio si fa insopportabile e si giunge a sognare di poter barattare la vita dell’amato con la propria. E neppure questo, ordinariamente, è possibile, dunque restano umanamente condivisibili solo i versi della leopardiana Saffo:
[…] Negletta prole / nascemmo al pianto, e la ragione in grembo / de’ celesti si posa. […]

L’escalation di disfatte per il “fronte bioconservatore”

Non è questa la sede in cui parleremo di Tafida (anche perché si è già scritto qualcosa di eccessivo, a quanto ho potuto appurare dalle fonti, ed è bene – per la bimba soprattutto – far calmare le acque): quand’anche emergesse un (altro) caso di malasanità, esso sarebbe ulteriormente imbruttito dal contorno raffazzonato e scomposto di certo associazionismo, che rapsodicamente insegue “casi” da intestarsi per un pugno di clic (o di euro). Troppo fresca è ancora la cocente sconfitta del “fronte bioconservatore” nella vicenda Lambert, e quella francese è stata appena l’ultima di tutta una serie di Caporetto bioetiche: Alfie Evans, e Charlie Gard sono le più famose, Isaiah Haastrup e la quasi-anonima Inés passarono quasi inosservate, ma il copione – che poi è sempre il medesimo – prevede che alle mute Parche si affianchi un’istituzione impolverata di grigia burocrazia, e che contro di essa le stesse Istituzioni non possano più di quanto gli antichi dèi potevano contro l’onnipotente Fato: nel “poema della forza”, l’Iliade, perfino Zeus dovette sottostare all’ineluttabile sentenza delle Moire sul figlio Sarpedonte, che Patroclo avrebbe dovuto uccidere.

Questo pone – in chiave postmoderna quanto si voglia – il sempreverde tema della libertà umana, nella fattispecie della libertà di fronte ai mali. Mali fisici e che si subiscono, certo, dunque i meno ambigui ma i più scottanti. Proprio sul numero de La Civiltà Cattolica che verrà pubblicato sabato ho potuto gustare un bell’articolo del giovane gesuita Vincenzo Anselmo, che ha innestato negli anni le specializzazioni bibliche nelle basi di una solida formazione psicologica: bizzarra coincidenza leggerlo proprio oggi che m’interrogavo sul titanismo frustrato a cui ogni sforzo prolifesembra destinato in partenza nel nostro panorama. La domanda sottesa all’articolo – anzi, l’hanno messa come titolo… – è se sia stata la Bibbia a “inventare” la libertà dell’uomo: considerazione storico-culturale che, date le premesse di cui sopra, rivestirebbe una sfumatura in più in ordine alla comprensione del nostro contesto già abbondantemente post-cristiano.
La lotta dei personaggi biblici contro un destino avverso e sproporzionato rispetto alle proprie forze e alle proprie colpe – si domanda p. Anselmo – li rende nel loro agonismo personaggi tragici. -  Vincenzo Anselmo, La libertà dell’uomo è un’“invenzione” della Bibbia?, in La Civiltà Cattolica 4058, 127-137, 128

La Bibbia è piena di drammi (e di teo-drammatica), ma latita la tragedia

Certo, nella Bibbia ci sono moltissime bellissime storie: dall’epico Mosè alla dolcissima Ester, dalla “maschia Giaele” all’umanissimo re Davide, santo e peccatore (e che diremo di Noè o di quasi tutti i personaggi dei libri maccabaici?). Per trovare un personaggio veramente tragico, tuttavia, Vittorio Alfieri dovette accontentarsi del solo Saul – e difatti anche p. Anselmo menziona il tormentato re biblico –, ma il personaggio oggettivamente più impressionante di tutti è Iefte, che immolando al Dio biblico la figlia unigenita come prezzo cruento della vittoria militare sugli ammoniti riecheggia sinistramente il sacrificio di Ifigenia. I tempi delle storie coincidono, grossomodo, così pure come quelli dei racconti, perché il conflitto di Troia avviene nell’Egeo poco dopo l’epoca biblica dei Giudici in Palestina, e del resto Euripide visse poco dopo la redazione finale presunta del libro scritturistico. Quel che importa però non è chi sia arrivato primo, né chi abbia eventualmente attinto dall’altro, ma proprio quell’ingrediente che impedisce alla vicenda di Iefte di trasformarsi in una vera e propria tragedia. Il p. Anselmo annota tutta una serie di considerazioni importanti sulla suspense della narrazione biblica, ottenuta quando alla sospensione dell’incredulità si unisce la percezione che Dio “lasci fare” la vicenda senza intervenire costantemente a gamba tesa (a differenza che nell’Iliade), ma il passaggio fondamentale su Iefte è un altro, perché
[…] non c’è suspense circa l’intervento divino, mentre la tensione narrativa riguarda gli esiti di un voto drammatico che non è stato richiesto né approvato da Dio.Ivi, 134
Aveva infatti spiegato subito prima, il gesuita:
De un punto di vista narrativo, se il voto precedesse l’azione divina, allora si potrebbe pensare a un’approvazione del Signore di fronte a un elemento determinante perché egli manifesti il suo favore agli israeliti. Nel racconto, invece, Dio scende direttamente in campo prima che il voto venga formulato.Ibid.
E subito dopo:
Iefte mostra così di non fidarsi totalmente dell’azione di Dio, perché, pur di ottenere la vittoria, è disposto ad acquistarla, pagando un prezzo molto alto. Egli si propone di offrire un olocausto di valore per ricevere in cambio un successo di cui non si sente sicuro, nonostante l’intervento del Signore.Ibid.
Non è solo il contesto prossimo, dunque, ad allontanare Iefte da Agamennone – ché all’Acheo l’oracolo stesso impose l’olocausto della figlia come conditio sine qua non della vittoria militare ad Ilio –, ma anche quello remoto:
Da un punto di vista narrativo – spiega infatti il gesuita –, la storia di Iefte è collocata nel macroracconto di Genesi-2Re, dopo che Israele ha ricevuto la Torah, che proibisce esplicitamente i sacrifici umani (cf. Lev 18, 21 e 20, 2-50).[…] Com’è possibile che colui che mostra di conoscere così bene la Torah, quando riferisce al re degli Ammoniti gli episodi raccontati nel libro dei Numeri, non sia al corrente della proibizione dei sacrifici umani?Ivi, 135
Iefte non è vittima del destino e degli dèi, ma di un panorama religioso che egli ha plasmato a propria immagine e somiglianza a prescindere dalla Rivelazione divina (e anzi in aperto contrasto con essa). Il p. Anselmo sottolinea che l’“assenza e il silenzio di Dio” non esprimono “disinteresse”, ma pongono «ogni uomo in ogni tempo davanti alle proprie responsabilità» (ivi, 137). Questo è sicuramente vero, e anzi mi suscita una considerazione che annoto a margine: è paradossale ma tanto più indicativo che il silenzio avvolga (e abbia sempre avvolto) il resto della vicenda di Iefte e della figlia, che termina col sacrificio, mentre ancora secoli dopo l’avvio dell’epos omerico i tragici svisceravano con insistenza le vicende collaterali a quella di Ifigenia (ovvero quelle di Agamennone – e di Clitennestra – tanto per tenerci stretti). La domanda è: se l’ineluttabile fato impone un sacrificio, perché macerarsi nel rimorso come se si fosse potuto fare diversamente? Perché la madre della ragazza immolata dovrebbe uccidere il marito (o anche solo serbargli rancore), dal momento che la ragione per cui è andata perduta la vita della figlia è immensamente superiore anche alla pur grave ragion di Stato?

La libertà oggi: un gadget obsoleto

La tragedia indugia, con gusto tarantiniano per la scena truculenta, sugli effetti di libertà continuamente negate e ostinatamente rinate; al contrario, la scena biblica si chiude su Iefte e sulla figlia senza che più nulla (neppure nei secoli successivi) venga descritto a corollario della loro vicenda. Perché essa era già tutta compresa nell’ottica della libertà di un padre di famiglia (che il contesto – già allora contrastato dalla rivelazione divina – dava pacificamente per signore assoluto della casa).
I tragici intuivano che la libertà umana doveva esistere, come pure quella degli dèi, ma non sapevano rendere ragione di questa speranza (cf. 1Pt 3, 15) – ritengo perché ignari dell’orizzonte teologico offerto dalla notizia (veramente evangelica) della volontà salvifica universale di Dio. Se Dio vuole entrare in contatto con gli uomini e stringere un’alleanza con loro, l’anelito alla felicità che essi da sempre percepiscono nel cuore trova una spiegazione ragionevole e profonda: se di quest’alleanza non s’è mai sentito parlare (e anzi si hanno diverse ragioni per sospettare le divinità capaci di atroci nefandezze), allora l’uomo resta un animale razionale divorato dal senso del tragico.
Quando a quell’animale razionale è stata sequestrata la stessa nozione del divino, ciò che ne è rimasta è a stento “una passione inutile” (Sartre): il paradosso tragico era claudicante e sanguinolento, ma gli uomini non lo mollavano perché intuivano al suo cuore una profonda benché ancora indistinta verità; immerso negli acidi dei “maestri del sospetto”, di esso resta il sordo assurdo.

Non più Agamennone o Iefte uccidono degli innocenti per lucrare (a seguito o no di previo e specifico comando) un’auspicata vittoria, ma dei grigi sistemi senza volto, i quali esercitano sui bambini quel diritto – ius vitæ ac necis – che un tempo avevano giudicato barbarico nel patriarcato. E neppure possiamo scriverci su una tragedia – quel che forse è perfino peggio –, perché non ne siamo capaci. Della libertà non sappiamo più cosa farci.
L’ha recentemente illustrato un poeta del nostro tempo di orfani:
Ora che sono… Ora che sono qui,in questo stupido stupido hotel,e non sei qui con me…Tutto mi sembra inutile,tutto mi sembra com’è:farmi la barba o uccidere…che differenza c’è?

martedì 16 luglio 2019

Cosa succede? Cosa succede in città? C'è qualche cosa, qualcosa che non va!


Cosa succede in città?
Succede che dall'oggi al domani inizia a circolare su qualche media la notizia di una serie di arresti tra sindaci, psicologi, assistenti sociali e giudici onorari coinvolti nell'allontanamento e riassegnazione di minori.
Pare, dicono i media che riportano la notizia, che gli allontanamenti non fossero giustificati e che gli affidamenti fossero, diciamo così, decisi sulla base del miglior interesse della famiglia affidataria.

C'è qualche cosa... qualcosa che non va!
Marco Mescolini è il procuratore capo di Reggio Emilia dall'autunno del 2018; al suo attivo c'è il più importante processo antimafia del Nord Italia e dopo meno di un anno scoperchia il vaso di pandora: "Data la mole di intercettazioni c'è molto poco da interpretare. Il quadro emerso è decisamente inquietante".
Ciò di cui si è parlato è successo veramente, parola di Procuratore della Repubblica!
E' successo che famiglie arbitrariamente definite incapaci di allevare i propri figli, venivano accusate di ogni porcata pur di ottenere, dal Tribunale l'allontanamento. Per farlo, i bambini venivano manipolati, venivano loro innestati ricordi di esperienze mai vissute, venivano convinti che i loro genitori non li amassero e intendessero abbandonarli.
I responsabili, come accennato, sono assistenti sociali, giudici onorari, avvocati, psicoterapeuti, giudici togati, associazionismo legato all'accoglienza di orfani... ma a che pro?
Francesco Morcavallo è un giudice dei minori che ha abbandonato il tribunale per questioni di coscienza. Già qualche anno fa mi ero imbattuto in una sua intervista nella quale raccontava la sua scelta di abbandonare il tribunale perché molti più bambini del dovuto venivano allontanati dalle famiglie di origine ed affidati ad associazioni strettamente legate a chi decretava l'allontanamento (Qui il link al pezzo). La Magistratura, per definizione organo super partes per eccellenza, parrebbe quindi legata a doppio filo alla perversione di cui si parla, ma tenendo a mente i fatti dicronaca degli ultimi tempi riguardo le nomine dei controllori dei controllori, non mi sento di poter dire di essere caduto dal pero.
Il motivo, diceva, è che per ogni bambino affidato, l'affidatario percepisce dallo Stato fino a quattrocento euro al giorno.
A vole essere maliziosi si penserebbe immediatamente ai trentacinque euro al giorno riconosciuti a chi si occupa di un migrante.
Qualcuno ha riportato all'attenzione dell'opinione pubblica una vecchia inchiesta radiofonica firmata Pablo Trincia, Veleno.
La vicenda ricostruita risale agli anni '90, e racconta di una comunità di trentamila persone nella quale pare agisse una setta satanica, guidata da un prete, dedita a sacrifici umani e stupri di bambini.
Prendiamo tutto con le molle, e teniamo sempre come stella polare il beneficio del dubbio, ma dall'inchiesta sembrerebbe che gli atroci motivi per cui i bambini vennero allontanati dalle famiglie erano tutti inventati, innestati nelle menti di quegli stessi bambini come memorie di esperienze mai vissute. E ora come allora, stesse tecniche, stesso motivo, stesso obbiettivo: rapire, col benestare di un giudice, i figli di una coppia di disgraziati e venderli ad amici per soddisfare i loro capricci.
Se il tutto non fosse abbastanza inquietante, parrebbe che alcuni dei responsabili di quanto successo negli anni '90, siano ancora in servizio e, responsabili dei fatti narrati dalla cronaca di queste settimane. 
Ma non è tutto. 
Una delle personalità più di spicco dell'organizzazione che ha operato indisturbata per anni, Federica Anghinolfi, è un'importantissima attivista LGBT a livello nazionale: una che per Arcigay &Co. organizza convegni dal titolo "L'affido familiare a personeOmosessuali – Seminario e spettacolo. Due eventi in un'unicagiornata per raccontare l'affido familiare a persone omosessuali, unfenomeno in grande evoluzione, anche nel nostro paese".
Una delle coppie affidatarie di bambini rapiti dalle proprie famiglie di origine, gira attorno a Fadia Bassmaji, ex compagna della Anghinolfi, regista, progettista culturale e formatrice. Nella sua bio Linkedin dice di se: "[...] Nella mia attività riservo una particolare attenzione alle differenze di genere, alle dinamiche legate ai minori e alle politiche legate all'economia della conoscenza." La Regione Emilia Romagna l'ha incaricata di curare un convegno totalmente dedicato al tema degli abusi sui minori incassando il plauso della Presidente la Commissione Parità della Regione Emilia Romagna, Roberta Mori (PD).
Si tratta sicuramente di una coincidenza, ed è senza dubbio la mia deformazione complottara a farmi notare come solo l'anno prima, veniva depositato il disegno dilegge n°1680 "Introduzione dell'educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole del sistema nazionale di istruzione e nelle università". Ed è ovviamente un caso che il primo firmatario del disegno di legge fosse il ministro Valeria Fedeli (PD governo Renzi). Ed è ovvio che le raccomandazioni dell' OMS a riguardo non c'entrano niente.

Mi urge sottolineare come l'accento posto sul partito di appartenenza dei politici citati sia del tutto indicativo: sono profondamente convinto che il PD sia null'altro che l'equivalente dei talebani per la C.I.A., ossia la bassa manovalanza territoriale che serve ad uno scopo molto più ampio. Sta comunque di fatto che questo scenario si è sviluppato all'ombra del potere Dem, con il plauso, entusiasta, in Italia, dei 5S e la connivenza di tutti i partiti, volenti o nolenti, mai impegnati seriamente nell'ostacolare la diffusione dell'auspicio di stravolgimento dell'ordine sociale.

Ma quindi qual è il morale della favola?
Sappiamo che almeno dagli anni '90 una certa componente della società civile, in combutta con una branca dello Stato, rapisce i figli dei disagiati per i propri tornaconti (e poi c'è quello che non sappiamo). Siano essi economici o ideologici, il proletario, schiacciato dall'evoluzionismo sociale e dal progressismo economico, viene privato dei propri figli a beneficio delle classi più potenti, che avranno a propria disposizione menti deboli, già torturate e pronte ad assorbire qualunque indottrinamento per tutta la durata di una vita priva degli affetti più veri e disinteressati.

Massimo Introvigne ci dice che i satanisti non credono nel demonio. Utilizzano la simbologia a lui legata per sbeffeggiare il cristianesimo e i dettami che imporrebbe. I satanisti sono persone fondamentalmente atee che utilizzano l'immaginario dell' anticristo per avallare ogni propria più recondita perversione.

La morale della favola quindi, è che la nostra è una civiltà profondamente satanista.
Una società nella quale il debole è sacrificato sull'altare del più forte al pari di un agnello in un rito precristiano; al pari di un uomo accusato dei più orrendi abusi solo per avere da un giudice l'autorizzazione a vendere suo figlio; al pari di un bambino portato a credere di aver subito cose indicibili per costringerlo ad accusare suo padre; al pari di un sistema che mira scientemente ed ostinatamente a screditare la cosa più sacra che esista al mondo e cioè il legame intimo e profondo tra i genitori ed i propri figli, al solo scopo di perpetuare il circolo vizioso del sacrificio umano del debole sull'altare del più forte.

Prenderne coscienza è il primo passo. Poi, bisogna trovare il coraggio di fare il secondo...

lunedì 10 giugno 2019

Ma noi, qui, che ci stiamo a fare?

Vi siete mai chiesti perché i leoni non facciano altro, tutto il giorno, che montare le femmine, litigare tra maschi e starsene al sole con la pancia all'aria aspettando che le femmine portino una carcassa da sbranare?
Le società di Panthera leo si fondano, come la stragrande maggioranza delle società animali, sul principio della prosecuzione della linea genetica: ogni individuo ha l'interesse ultimo, quello intorno al quale ruota ogni sua azione, dall'alimentazione alla ricerca del cibo, dalla competizione intraspecifica alla costruzione/ricerca di un nido, nel far si che il proprio patrimonio genetico sopravviva alla propria generazione.
Come fanno i leoni maschi a garantirselo? Fecondano quante più leonesse possibile, arrivando a ripetere la monta oltre cinquanta volte in un giorno, e sterminando i cuccioli generati dal maschio cui hanno sottratto il territorio corredato di femmine fertili, gnu, corsi d'acqua e alberi a sufficienza da avere un po' d'ombra. Per questo l'unico compito dei leoni maschi nel branco è quello di tenere lontani gli altri maschi.
I cuccioli che crescono protetti dal proprio padre, una volta raggiunta quell'età in cui i romantici amano dire che al cuor non si comanda, sanno come se qualcuno glielo avesse spiegato nel dettaglio, che presi dalla tempesta ormonale della stagione degli amori, non sapranno riconoscere le proprie sorelle e, per evitare di accoppiarsi con loro, assecondano quel profondo risentimento che provano per i propri genitori e si allontanano dal branco. Adolescenza, dicono i poeti. Evitare l'inbreeding depression, dicono gli etologi.

E a noi?
A noi interessa eccome!
Se credete nell'evoluzione, e fareste bene a crederci, sapete che quel grumo di cellule che chiamiamo corpo è la più evoluta delle scimmie e, da buon primate, cosi come il leone è un Boreoeutheria, un mammifero, un tetrapode, un vertebrato e cordato.
Ogni cordato condivide con tutte le creature animali esistenti ed estinte, da 451 di milioni di anni ad oggi una struttura anatomica, la notocorda, dalla quale deriva, microevoluzione dopo microevoluzione e macroevoluzione dopo macroevoluzione, il sistema nervoso centrale di Homo sapiens.
La linea di separazione tra le specie da cui provengono i primati e le specie da cui provengono i carnivori è indicata all'incirca a 100 milioni di anni fa.

Se tanto mi da tanto, noi ed i leoni abbiamo 350 milioni di anni di evoluzione strettamente in comune. Questo non può che significare che ciò che spinge i leoni a scacciare un maschio per accoppiarsi con le sue femmine ed uccidergli i figli c'è anche nel nostro cervello.
Eppure se oggi considereremmo abominevole un'eventualità del genere qualcosa dev'essere successo.
Si, ma che cosa?
Quand'è che le leggi della natura sono cambiate?

Per quanto ne sappiamo, del nostro antenato più antico abbiamo pochi frammenti di ossa, sappiamo che era una femmina vissuta circa 1,7 milioni di anni fa nell'area che oggi chiamiamo Kenya. Sappiamo che KNM-ER-1808, questo è il suo nome, era malata. E' morta di ipervitaminosi A, H. erectus nella classificazione ma inabile a camminare. E' morta molto dopo aver perso l'uso delle gambe.
Questo ci dice che con  lei, Homo ha smesso di essere un animale fra tanti, una scimmia qualunque. Homo ha imparato a prendersi cura degli inutili ed a sacrificare le proprie risorse per una causa persa.

La cronaca di questi giorni mi ha molto interrogato su tutto ciò.
Quanto devono essere potenti le sovrastrutture evolutive sociali che abbiamo sviluppato negli ultimi due o tre milioni di anni per metterci una pezza? Per fare un paragone più facilmente apprezzabile, potremmo chiederci quanto forte dovrebbe essere la motivazione che ci consentisse di  cambiare a 70 anni un'abitudine che ci portiamo dietro dall'infanzia. Cosa effettivamente ci rende umani e cosa ci fa dimenticare di esserlo?
Ma soprattutto, che cosa ci dice il nostro passato che possa tessere il nostro futuro?

Se un uomo che minaccia la sua compagna arriva a sparare al figlio di lei che tenta di difenderla, sappiamo che ad agire è la parte più recondita del nostro inconscio; sappiamo che quanto abbiamo imparato con l'aver curato KNM-ER-1808 è stato dimenticato. Ma abbiamo anche dimenticato che se quel ragazzo avesse avuto un padre premuroso, nessuno avrebbe minacciato sua madre ne tanto meno sparato a lui.
Se una diciassettenne cede al dolore ed alla disperazione nell'indifferenza della società e nell'accondiscendenza dei propri genitori, allora vuol dire che abbiamo completamente perso l'istinto di proteggere il nostro patrimonio genetico e abbandonato la primordiale scintilla di umanità che ha permesso a KNM-ER-1808 di morire si, ma con l'indescritta sensazione di essere l'oltrescimmia: l'embrione dell'umanità.
Se un intero paese si interroga sul considerare deprecabile l'intrattenere relazioni carnali tra stretti consanguinei, allora abbiamo occultato un'evidenza tanto lampante da risultare determinante anche per chi non ha l'intelletto.

Non credo si possa considerare sbagliato, ritenere che stiamo andando alla velocità della luce verso la piena realizzazione del perfetto terreno di coltura in cui lasciar proliferare il peggio dell'eredità che abbiamo ricevuto. Un terreno di coltura in cui non c'è spazio per la cura a fondo perduto dell'inutile perché dignitoso in quanto uomo. In cui non c'è spazio per la faticosa costruzione del miglior contesto possibile, sacrificato ad un'asta al ribasso nella quale prendere come riferimento soltanto le condizioni peggiori osservate.

Ho paura che dell'uomo che verrà resterà tutto ciò che c'è stato tranne l'avvento dell'umanità.
E allora, se anche mantenessimo tutte le strutture anatomiche e le funzioni fisiologiche, ciò che diventeremo sarà di nuovo una scimmia e saremo esistiti inutilmente.
E' questo che vogliamo?
Non dovremmo invece invertire la rotta e continuare a chiederci in ogni istante come la scelta che stiamo per compiere possa rendere il futuro che ci aspetta il miglior futuro possibile?

E' senza ombra di dubbio uno sforzo enorme, ma non può essere più grande dello sforzo compiuto dai compagni di KNM-ER-1808 per tenerla in vita e darle la certezza di esistere.